“Una buona legge per una bella agricoltura” a cura di Anna Ciaperoni

“Una buona legge per una bella agricoltura” a cura di Anna Ciaperoni

Dopo oltre sette anni di incubazione e tre legislature, la Commissione Agricoltura della Camera ha approvato il 26 giugno un testo unificato sull’agricoltura sociale. Il testo, che ora passa all’approvazione dell’aula, risulta decisamente più positivo dei precedenti ed accoglie molte proposte fatte nelle numerose audizioni e confronti pubblici dal Forum e da AIAB che propose una legge quadro nel 2007. Rappresenta, nell’insieme, un punto d’arrivo più avanzato e meno corporativo di quanto si poteva temere. Il risultato è importante per l’impianto complessivo che disegna, tanto più se si considera che all’inizio dell’iter parlamentare e durante il percorso che ha portato alla sua approvazione. Alcune componenti importanti del mondo agricolo sono state piuttosto tiepide, se non ostili, verso una normativa ad hoc poiché, a loro dire, l’agricoltura sociale rientra a pieno titolo nella legge di orientamento sulla multifunzionalità in agricoltura, negandone in tal modo la specificità.

Collegato a ciò il nodo politico principale su cui ha ruotato la discussione in Parlamento in questi anni,ovvero la questione sulla titolarità dei soggetti che esercitano l’agricoltura sociale: chi riteneva che solo gli imprenditori agricoli, ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile, dovesse essere riconosciuto come operatore agricolo-sociale e chi, come il Forum e come AIAB, ha sostenuto con forza, che dovessero essere riconosciuti come tali anche altri soggetti che praticano l’agricoltura sociale, come ad esempio le cooperative sociali che svolgono attività agricola. Il Forum aveva chiesto di spostare l’attenzione dalla natura giuridica degli operatori, alle funzioni e alle attività di agricoltura sociale, includendo in tal modo un arco più ampio di soggetti che già oggi caratterizzano il “modello” agro-sociale italiano. E questo il testo lo prevede. La Commissione, pur all’interno dei margini ristretti della normativa in essere, ha sciolto il nodo in modo intelligente e lungimirante, accogliendo nella sostanza le nostre proposte. Il testo definisce sì l’as “quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole” (art. 1) e riconosce come agricoltura sociale “le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, ma nello stesso articolo 2 stabilisce (comma 4) che “le attività di cui al comma 1 (le pratiche si as previste – vedi sotto) sono esercitate altresì dalle cooperative sociali (legge n. 381/1991), il cui fatturato derivante dall’esercizio delle attività agricole svolte sia prevalente; nel caso in cui il suddetto fatturato sia superiore al 30 per cento.

Le medesime cooperative sociali sono considerate operatori dell’agricoltura sociale, ai fini della presente legge, in misura corrispondente al fatturato agricolo”. Non solo, viene anche riconosciuto (comma 5) che “le attività possono essere svolte in associazione con le cooperative sociali, con leimprese sociali (dgl. n. 155/2006), con le associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale (legge n. 383/2000), nonché con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328” (organismi non lucrativi di utilità sociale, della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati). Qualificante anche il punto relativo alle finalità della legge e alle attività riconosciute come agricoltura sociale. Le finalità sono rivolte “allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”. Le attività riconosciute sono divise in quattro tipologie di interventi e accolgono la grande varietà delle pratiche: l’inserimento lavorativo socio lavorativo di soggetti svantaggiati, molto svantaggiati e disabili e minori in età lavorativa inseriti in progetti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale (un aspetto questo suggerito dal progetto di AIAB sui minori sottoposti a misure penali); prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni di abilitazione, di capacitazione, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana (comprese anche l’accoglienza e il soggiorno di bambini in età prescolare (agrinido e agriasilo) e l’accoglienza e il soggiorno di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica; prestazioni e servizi terapeutici che affiancano e supportano le terapie della medicina tradizionale finalizzati a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante; progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità, nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale. 

Un altro punto importante è il concetto di svantaggio sociale. Anche a questo proposito è stata accolta la richiesta del Forum di fare riferimento non solo alla normativa italiana, che si riferisce solo allo svantaggio psico-fisico, ma anche al regolamento (CE) n. 800/2008 che include anche la categoria di “lavoratore svantaggiato” (disoccupati, categorie sottopagate o discriminate per genere, minoranze etniche, lavoratori anziani, soli o con più persone a carico, ecc) e di “lavoratore molto svantaggiato” (disoccupati da oltre 24 mesi), ampliando, in tal modo, le fasce di popolazione interessate alle attività di as. Infine, il testo ha indicato il ruolo degli enti pubblici competenti, per l’esercizio delle attività per evitare percorsi privatistici di agricoltura sociale. Al comma 6 dell’art. 2 si afferma infatti “che le attività sono realizzate in collaborazione con i servizi socio-sanitari e con gli enti pubblici competenti per territorio”. E che tali enti “e i distretti socio-sanitari, nel quadro della programmazione delle proprie funzioni inerenti le attività agricole, sono tenuti a predisporre piani territoriali di sostegno e di promozione all’agricoltura sociale, al fine di favorire processi di aggregazione tra le diverse imprese, produttori agricoli e istituzioni locali”. L’indicazione è molto utile anche ai fini della nuova programmazione dello sviluppo rurale. Questione che vieneappositamente richiamata nell’art. 6 (comma 6) che stabilisce che: “nella predisposizione dei piani regionali di sviluppo rurale, le regioni possono promuovere la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese agricole e basati su pratiche di progettazione integrata territoriale e di sviluppo dell’agricoltura sociale. A tal fine le regioni promuovono tavoli regionali e distrettuali di partenariato tra i soggetti interessati alla realizzazione di programmi di agricoltura sociale”. Aspetto richiamato esplicitamente nelle proposte di AIAB sui nuovi PSR a proposito di agricoltura sociale e di bio-distretti, anche in funzione della costituzione dei Distretti di Economia Solidale proposti dal Forum. 

Il testo non prevede incentivi finanziari ma individua una serie di interventi di sostegno (art.6) per “le imprese riconosciute (e non “accreditare” come previsto in precedenza, con un ottica strettamente sanitaria), iscritte in un elenco ufficiale costituito a livello regionale”. Sono state accolte tutte le proposte del Forum: criteri di priorità ai prodotti dell’agricoltura sociale nei bandi per le mense scolastiche e ospedaliere, spazi riservati ai produttori agri-sociali nelle aree pubbliche per la vendita dei prodotti, criteri di priorità per l’insediamento e lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nelle operazioni di alienazione e locazione dei terreni demaniali agricoli e di quelli appartenenti agli enti pubblici territoriali e non territoriali” e per i beni e i terreni confiscati alla criminalità organizzata. Stabilisce in proposito la possibilità che “il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali”, definisca “requisiti e criteri per l’accesso ad ulteriori agevolazioni e interventi di sostegno”.
Si istituisce, infine, un Osservatorio sull’agricoltura sociale, che costituirà una sorta di cabina di regia per la promozione, il consolidamento e il monitoraggio delle attività, molto rappresentativo delle realtà agricole e sociali. La legge apre una nuova fase, ora spetterà alle associazioni e ai movimenti riuscire a percorrerla, a partire dai nuovi PSR.

A cura di Anna Ciaperoni

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