Che differenza c'è tra il salmone selvaggio e quello di allevamento? Professore italiano risponde così

Il salmone è uno degli alimenti più apprezzati dagli italiani: ricco di nutrienti, saporito e versatile, è spesso protagonista delle cene di chi è attento alla propria alimentazione e alla linea. Ma non tutti i salmoni sono uguali. Alessio Virgilito, noto sui social come "il Prof del Dimagrimento", ha recentemente condiviso un video per spiegare le principali differenze tra il salmone selvaggio e quello di allevamento, aiutandoci a fare scelte più consapevoli quando lo portiamo in tavola.

La prima differenza: il colore

La distinzione più immediata tra il salmone selvaggio e quello di allevamento è il colore. "Se osservate attentamente un filetto di salmone di allevamento, noterete delle evidenti striature bianche", spiega Virgilito. Questa caratteristica non è casuale, ma è il risultato della dieta a cui sono sottoposti i pesci negli allevamenti. Gli allevatori, per far crescere rapidamente i salmoni, somministrano loro mangimi ricchi di grassi e proteine, che portano a un aumento della quantità di grasso visibile nel filetto.

A sinistra del salmone di allevamento, a destra quello selvaggio
A sinistra del salmone di allevamento, a destra quello selvaggio

Al contrario, il salmone selvaggio si distingue per il suo colore arancione acceso e per l'assenza quasi totale di striature bianche. Questo aspetto naturale è legato alla dieta del salmone in natura: si nutre principalmente di krill, un piccolo crostaceo ricco di astaxantina, un potente antiossidante che conferisce al pesce il suo tipico colore aranciato.

Alimentazione e sostenibilità

Un altro punto critico riguarda il tipo di alimentazione. Secondo il Prof. Virgilito, il salmone di allevamento non solo viene nutrito con mangimi artificiali, ma spesso consuma i cadaveri di altri pesci presenti nelle stesse vasche. Questa pratica solleva interrogativi etici e igienici, oltre a influire negativamente sulla qualità complessiva del prodotto. Il salmone selvaggio, invece, vive in un habitat naturale, nutrendosi di ciò che trova nell’ambiente marino. Questo aspetto non solo rende la sua carne più magra e superiore dal punto di vista nutrizionale, ma lo rende anche una scelta più sostenibile. La pesca del salmone selvaggio, se condotta in maniera responsabile, ha un impatto ambientale minore rispetto agli allevamenti intensivi, che possono causare inquinamento delle acque e altre problematiche ecologiche.

Il prezzo: una scelta consapevole

Un aspetto che spesso scoraggia le persone dall'acquistare salmone selvaggio è il costo, mediamente più alto del 20-25% rispetto a quello di allevamento. Tuttavia, Virgilito invita a riflettere su questo punto: "È vero, costa di più. Ma ponetevi una domanda: quanto salmone consumate in una settimana o in un mese?". Il professore sottolinea che, essendo il salmone un alimento che difficilmente viene consumato quotidianamente, spendere 2 o 3 euro in più per un prodotto di qualità superiore non incide significativamente sul bilancio familiare. Inoltre, investire in un alimento più sano e sostenibile è un modo per prendersi cura di sé stessi e dell’ambiente.

Sebbene il salmone di allevamento sia più economico e facilmente reperibile, è importante considerare i suoi limiti: una maggiore quantità di grassi, una qualità nutrizionale inferiore e i dubbi etici legati alle pratiche di allevamento. D’altra parte, il salmone selvaggio, pur essendo più costoso, offre una carne più magra, ricca di nutrienti e sostenibile.

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