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Lo sapevi che tra i 3 colori che scelgono le persone meno intelligenti c'è anche il colore dell'anno? Quando si parla di psicologia del colore, la maggior parte delle persone pensa al marketing, all’arredamento o alla moda. Molti sanno che le catene di fast food usano spesso il rosso perché questo colore stimola la fame. Ma esiste un’altra lettura, molto più curiosa (e un po’ provocatoria): alcuni colori sembrano legati a caratteristiche che, secondo alcuni esperti, possono riflettere una bassa creatività o una ridotta propensione al pensiero critico. Parliamo, certo, di tendenze generali. Ma la connessione tra preferenze cromatiche e tratti cognitivi è un tema che ha attirato sempre più l’interesse della psicologia moderna.
Marrone: il colore dell’abitudine (e dell’immobilismo)
Il primo della lista è proprio lui: il marrone. Secondo Jonathan García-Allen, psicologo laureato presso l’Universitat de Barcelona e autore del saggio Psicología del color, chi predilige il marrone tende ad avere una mentalità tradizionale. È il colore della stabilità, dell’ordine, della sicurezza. Ma anche dell’assenza di slancio creativo.

Il marrone trasmette comfort, certo, ma anche resistenza al cambiamento. Le persone che lo amano si sentono a loro agio in contesti prevedibili, dove nulla cambia. E questo, tradotto in termini cognitivi, potrebbe riflettere una scarsa flessibilità mentale. Curiosamente, il marrone è anche il protagonista del 2025. Il Pantone Color Institute ha scelto il “Mocha Mousse” (Pantone 17-1230) come colore dell’anno, descrivendolo come “ricco, caldo e rassicurante come il cioccolato o il caffè”. Non proprio una scelta audace, ma perfetta per chi cerca stabilità e introspezione. Insomma: se nel tuo armadio ci sono più tonalità di marrone che serie salvate su Netflix, forse è il caso di riflettere.
Grigio: neutrale fino all’anestesia
Secondo in classifica troviamo il grigio, amato da chi preferisce non esporsi, non rischiare, non decidere. Nell’ambito della psicologia del colore, il grigio viene associato a neutralità, sobrietà, distacco emotivo. Ma anche a passività decisionale e mancanza di iniziativa.
Chi sceglie spesso il grigio tende ad adottare un approccio conservativo anche nella vita. Evita il confronto, rimane nell’ombra, preferisce l’equilibrio al dinamismo. Questo può tradursi in una ridotta propensione al pensiero divergente, ovvero quel tipo di pensiero che genera nuove idee, soluzioni e punti di vista. Non a caso, il grigio è spesso assente negli ambienti creativi o scolastici, dove si preferiscono colori più stimolanti come l’arancione, il verde o il blu.
Giallo pallido: l’illusione dell’ottimismo
Il giallo viene spesso percepito come il colore della felicità, del sole, dell’energia positiva. Ma attenzione: non tutto il giallo è uguale. Nello specifico, il giallo pallido è stato associato a difficoltà di concentrazione e scarso rendimento nelle attività cognitive complesse. Un’informazione riportata proprio da García-Allen nel suo articolo su Psicología y Mente.
Chi ama il giallo troppo tenue tende a disperdere facilmente l’attenzione, soprattutto in contesti che richiedono focalizzazione mentale, problem solving o pensiero analitico. Un dato interessante che molti insegnanti e designer stanno iniziando a considerare anche nella progettazione degli spazi didattici. Il giallo chiaro può risultare visivamente stancante per il cervello, provocando una iperstimolazione visiva che rende difficile mantenere l’attenzione.
Ma quindi... chi ama questi colori è “meno intelligente”?
No, non si tratta di una questione di Quoziente Intellettivo o di misurazioni scolastiche. Piuttosto, parliamo di caratteristiche cognitive e tratti comportamentali associati a certe preferenze cromatiche. Il marrone rimanda a una mentalità statica, il grigio alla neutralità e il giallo pallido a una scarsa capacità di concentrazione. Nessuno di questi elementi, da solo, definisce l’intelligenza di una persona. Ma possono suggerire tendenze, specie quando si presentano in modo marcato o sistematico. D’altra parte, anche il mondo del design lo conferma: chi lavora in pubblicità o comunicazione visiva evita come la peste palette dominate da questi tre colori. Non a caso.
Color psychology: utile anche fuori dallo studio
La psicologia del colore non serve solo a scegliere la tinta giusta per le pareti del soggiorno. Viene impiegata con successo nel marketing, nella pubblicità, nel packaging e persino nel reclutamento del personale. Alcuni recruiter, ad esempio, analizzano i colori scelti da un candidato nel CV o nel suo abbigliamento per cogliere segnali inconsci sulla sua personalità. Un colloquio di lavoro in total grey, per esempio, può dare un’idea di prudenza... ma anche di mancanza di iniziativa. Chi vuole comunicare leadership, dinamismo o creatività preferisce il blu acceso, il rosso, il verde brillante o il viola. Non è solo una questione estetica, ma di messaggi subliminali che il cervello riceve anche quando non ce ne rendiamo conto.
