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Il prosciutto cotto è un grande classico nelle cucine italiane. Meno caro del crudo, più leggero e con una buona percentuale di proteine. Lo metti nel panino dei bambini, lo usi per farcire le torte salate, lo infili nella piadina al volo quando non hai voglia di cucinare. Ma sei davvero sicuro di saper riconoscere quello buono da quello mediocre? A fare chiarezza è Alessio Virgillito, professore e personal trainer molto seguito sui social, conosciuto come Il prof del dimagrimento. Nei suoi video spiega con tono diretto e senza fronzoli come leggere le etichette e scegliere gli alimenti giusti. E quando si tratta di prosciutto cotto, ha un consiglio che vale oro.
Prosciutto cotto di qualità: non basta che sia rosa
L’apparenza inganna, ma non sempre. Il colore dice molto della qualità del prosciutto cotto, soprattutto se sai cosa guardare. In un video che ha fatto migliaia di visualizzazioni, Virgillito ha messo a confronto due fette. La prima, che definisce di qualità, ha un rosa acceso ma naturale, con venature visibili della carne e delle fibre muscolari. Si nota anche il grasso bianco, presente in modo equilibrato. "Questo è un prosciutto vero", dice il professore, sottolineando che la carne ha una struttura riconoscibile.

La seconda fetta, invece, è di un rosa uniforme e piatto, quasi finto. "Questo qui è un agglomerato di non sai cosa", commenta senza giri di parole. Il colore è spento, la consistenza sembra quella di un impasto più che di una carne affettata.
Il prezzo è un primo segnale (ma non l’unico)
È vero: il prezzo al chilo dice molto. Un prosciutto cotto venduto a 9 euro al chilo non potrà mai essere paragonato a uno da 24 euro. Non si tratta solo di marketing o di marchio: la differenza sta nella qualità della materia prima, nel metodo di lavorazione e negli additivi usati (o evitati).
Ma occhio, perché anche prodotti costosi possono contenere ingredienti poco nobili. Per questo il professore invita a guardare bene l’etichetta: "La lista degli ingredienti deve essere corta e comprensibile. Più è lunga e incomprensibile, più devi insospettirti".
Se trovi scritto solo “coscia di suino, sale, destrosio, aromi naturali e conservanti”, sei già su una buona strada. Ma quando iniziano a comparire proteine del latte, addensanti, amidi modificati, zuccheri, glutammato, polifosfati o E249, E250 e compagnia... è meglio cambiare scaffale. In un’intervista a Il Fatto Alimentare, il tecnologo alimentare Giorgio Donegani ha confermato che molti prosciutti cotti industriali puntano sull’aggiunta di acqua e additivi per renderli più economici, a scapito del gusto e del valore nutritivo.
Attenzione anche alle diciture in etichetta. Non sono tutte uguali.
- Prosciutto cotto: categoria base. Può contenere un po’ di tutto.
- Prosciutto cotto scelto: contiene meno acqua e una percentuale inferiore di additivi.
- Prosciutto cotto alta qualità: è il top della gamma, con regole più restrittive sugli ingredienti ammessi.
E i burger vegetali? Il professore lancia un’altra provocazione
Oltre al prosciutto cotto, in un altro video tra i più visti del suo profilo, Virgillito ha messo nel mirino anche i burger vegetali. L'autore del video ha letto l’etichetta di una confezione acquistata al supermercato: diversi additivi, tra cui farina di soia ristrutturata, olio di semi, tre tipi di funghi, glutine di grano, amidi, addensanti, estratti vari e brodi vegetali. "Li compri pensando che siano più sani o sostenibili? Guarda l’etichetta e ripensaci", ha detto, facendo un paragone diretto con un hamburger di carne bovina allevata in modo corretto. Il suo messaggio è chiaro: non tutto ciò che è "vegetale" è automaticamente salutare. E non tutto ciò che è "industriale" fa bene solo perché ha un bollino verde sulla confezione.
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