Indice dei contenuti
Le usiamo nei toast, le sciogliamo sulla pasta, le infiliamo nei panini dei bambini con la convinzione che siano comode, buone e anche "abbastanza sane". Ma c’è un problema: le sottilette non sono formaggio. A dirlo non è un food blogger improvvisato, ma Alessio Virgillito, personal trainer e professore di educazione fisica con migliaia di follower su Instagram. Nel suo ultimo video diventato virale, Virgillito prende in mano una sottiletta, la mostra alla telecamera e dice, senza troppi fronzoli: "Questo non è formaggio. Lo sai che non è formaggio, vero?". E da lì parte la lezione.
Cosa c’è davvero dentro una sottiletta?
Da ricerche sul web, vi riportiamo gli ingredienti reali di quello che, sulle confezioni, viene definito "formaggio fuso a fette":
- Formaggi (spesso Emmental e altri a breve stagionatura)
- Latte scremato concentrato
- Fibre (3%)
- Sali di fusione come i citrati di sodio
- Sale
- Correttori di acidità (acido lattico)
- Proteine del latte
- Burro concentrato
Non male, verrebbe da pensare. Eppure la verità è un po’ più complicata.
Perché le sottilette non sono formaggio vero
Il punto centrale, spiega il "Prof del Dimagrimento", è il processo di produzione. Le sottilette sono tecnicamente classificate come formaggio fuso. Un prodotto industriale ottenuto facendo letteralmente "sciogliere" diversi formaggi, a cui vengono poi aggiunti altri ingredienti per stabilizzarne sapore, colore e consistenza. Il risultato è un derivato, non un formaggio tradizionale.
Il professor Virgillito lo spiega così: "Queste catene di montaggio producono cibo che… non è cibo. Usano dei composti che non si sa neanche cosa sono. Tu lo metti nel toast, nella zuppa, nel panino. Ma sai davvero come viene fatto?". Una provocazione che fa riflettere, soprattutto quando si guarda all'etichetta.

Uno degli elementi più discussi sono i cosiddetti sali di fusione. Servono per ottenere la consistenza elastica e uniforme delle sottilette, ma non esistono nei formaggi tradizionali. In pratica, permettono di "mescolare" diverse tipologie di formaggio, stabilizzandole con additivi come il citrato di sodio, per farle sciogliere in maniera uniforme. Il problema? Modificano la struttura originale del formaggio, rendendo il prodotto finale qualcosa di completamente diverso.
Virgillito lancia un messaggio diretto a chi sceglie questi prodotti solo per gusto e comodità: "Lo so che ti piace. Lo so che è facile da usare. Ma la tua salute non ti ringrazierà, fidati", dice nella parte finale del video. E ha un punto. Secondo quanto riportato dal sito ufficiale di alcune marche di formaggio fuso vendute in Italia, una fetta contiene in media 2 grammi di grassi saturi e quasi un grammo di sale. Non è un'esplosione di nutrienti. Non è nemmeno una bomba calorica. Ma non è nemmeno “formaggio” nel senso pieno del termine.
La differenza con il formaggio vero
Il Parmigiano Reggiano, ad esempio, ha tre soli ingredienti: latte, caglio e sale. Nessun additivo. Nessun correttore di acidità. Nessun sale di fusione. Stessa cosa vale per prodotti come il Pecorino, il Provolone o la Fontina. Le sottilette invece sono una composizione artificiale, un assemblaggio pensato per avere lunga conservazione, zero sprechi, sapore stabile e resa perfetta nei panini caldi. Un prodotto comodo, ma molto distante dal concetto di "formaggio" che abbiamo imparato a conoscere dalle nonne.
Un altro aspetto da tenere a mente è la mancanza di chiarezza. Le confezioni usano parole come "formaggio fuso", ma non specificano la quantità reale di formaggio utilizzata. Non si sa quanto Emmental c'è dentro una sottiletta. Non si sa da dove proviene il latte usato. Non si sa quanto burro è stato aggiunto. Eppure, il marketing fa il suo lavoro: colori rassicuranti, nomi che ricordano l’infanzia, promesse di gusto e cremosità.
Visualizza questo post su Instagram
