Per anni lo abbiamo pensato un po' tutti. Il bar guadagna soprattutto sul caffè. D’altronde è il prodotto più venduto, quello che si consuma al volo, quello che fa entrare e uscire la gente in pochi minuti e che in Italia è tradizione. Ma Vincenzo Iervasi, barista e content creator che sui social racconta cosa succede davvero dietro il bancone, ha fatto cadere un mito. Il vero guadagno del bar arriva da qualcos’altro. E non è nemmeno il cappuccino. Il prodotto con il margine più alto, secondo Iervasi, è una semplice bottiglietta d'acqua. Sì, proprio quella da mezzo litro che prendi quando hai sete e non hai voglia di bere dal rubinetto. Quella che consumi in pochi sorsi, anche se ti è costata come un caffè con cornetto. Precisazione fondamentale: Iervasi non intende qual è l'articolo/servizio che vende e che gli fa guadagnare di più, ma qual è il singolo prodotto su cui ha il famoso "ricarico" più alto.
Il business nascosto dietro una bottiglietta d’acqua
I numeri non mentono. Iervasi lo spiega senza giri di parole: una bottiglia d’acqua in plastica, all’ingrosso, costa in media 0,20€. Al bar viene venduta a 1,20€, a volte anche a 1,00€ dove va di lusso. Risultato? Un margine del 500%. Per fare un paragone, un caffè costa al barista circa 0,30€ o 0,40€, ma viene venduto a 1,20€. Guadagno? Circa il 300%, che non è male, certo. Ma comunque inferiore a quello della bottiglietta. E non parliamo solo di numeri teorici. La differenza è visibile anche nei conti di fine giornata. Un bar può vendere decine di bottiglie in poche ore, specialmente in estate, e senza nemmeno usare la macchina del caffè o lavare tazzine.

Sotto al video di Iervasi, i commenti si sono scatenati. C'è chi fa notare un dettaglio importante: le bottiglie d’acqua devono essere conservate in frigo, e questo significa tenere accesi frigoriferi 24 ore su 24. Un costo non da poco, soprattutto da quando, nell’autunno 2024, le bollette dell’energia elettrica sono tornate a salire in modo pesante. Dunque il guadagno netto non sarebbe poi così stellare.
Ma anche su questo punto Iervasi mantiene il punto: il ricarico è alto lo stesso, soprattutto se si considera che spesso i frigo vengono usati per decine di prodotti contemporaneamente. Il consumo c’è, ma è condiviso. Altri utenti citano le lattine di Coca-Cola, Fanta, Sprite e compagnia. Anche qui, margini da capogiro: acquistate all’ingrosso a 0,40€-0,50€, vengono vendute a 2,50€, a volte perfino a 3,00€ in stazioni, aeroporti o chioschi turistici. In questi casi il ricarico sfonda abbondantemente il 400%. Ovviamente anche queste hanno bisogno di essere tenute fresche e, pertanto, il frigo deve lavorare a pieno regime.
Caffè: il re decaduto del margine
Il caffè resta il simbolo del bar italiano, nessuno lo mette in dubbio. Ma come prodotto ad alto margine, ha perso terreno. Fino a qualche anno fa, in molte città italiane si pagava 1€, un prezzo simbolico. Oggi è difficile trovarlo sotto i 1,20€, e in alcuni luoghi – pensiamo ai centri di Venezia, Roma, Milano e a molte località turistiche d'élite – può costare tranquillamente anche 1,50€. Ma il costo della materia prima, le capsule o i chicchi, e quello della macchina, della manutenzione, del personale che serve, delle tazzine da lavare, alla lunga riducono il guadagno effettivo.
Nei commenti c'è anche chi cita esperienze personali negli Autogrill. In molti raccontano di aver pagato bottigliette d’acqua fino a 3,20€. Se il prezzo all’ingrosso resta sempre intorno ai 20 centesimi, il ricarico diventa letteralmente monstre. Certo, si tratta di luoghi dove tutto costa di più per definizione, ma resta comunque un dato curioso. Dietro questo meccanismo c’è anche una questione di percezione. Le persone sono abituate a pagare poco per il caffè, ma sono disposte a pagare di più per una bottiglia d’acqua. Nonostante sia un bene primario e facilmente accessibile. Lo vedono come un bene necessario, magari salutare, da consumare ovunque. “La prossima volta che prendi una bottiglietta d’acqua, tienilo a mente”, così chiude Iervasi il suo video.
