Si trasferisce in Svizzera e dopo tre mesi indica le 4 cose che le piacciono di meno del paese

Trasferirsi all’estero, per molti, non è semplice. Tuttavia, da diversi decenni ormai, c'è sempre chi ha voglia o bisogno di lasciare la zona di comfort. A volte per necessità o disperazione, a volte per il semplice desiderio di mettersi in gioco e vivere una vita diversa. È anche un crash test culturale che, a volte, può lasciare più dubbi che entusiasmi. È quello che è successo ad Angela, una giovane spagnola che, dopo essersi trasferita in Svizzera, ha deciso di raccontare su TikTok (profilo @angelajinjii) le quattro cose che proprio non riesce a digerire del suo nuovo paese d’adozione.

Angela vive in Svizzera da tre mesi. Ha lasciato la Spagna per cercare nuove opportunità, ma non ha voluto dipingere la sua esperienza con i classici filtri da sogno. Al contrario, ha scelto di raccontare anche i lati meno piacevoli della Svizzera. Attenzione: sono cose normalissime per chi è nato e cresciuto lì, molto meno per chi viene da una cultura diversa e meno fiscale. Ecco cosa ha scoperto in questo breve ma intenso periodo.

1. Pacchi? Te li scordi se non hai il nome sul citofono (per intero)

In Italia, se dimentichi di scrivere il cognome sul citofono, al massimo rischi una consegna rimandata; in alcuni casi, viene consegnato al portiere del palazzo o, nei piccoli paesi, al bar della piazza. In Svizzera invece è una questione di stato. Angela racconta che i corrieri non lasciano pacchi se sul citofono non compaiono esattamente il nome e il cognome completi del destinatario. Nessuna eccezione.

Dopo tre mesi in Svizzera, la ragazza ha notato che alcune regole sono molto stringenti: se non c'è il nome e cognome completo sul citofono, i corrieri non consegnano i pacchi.
Dopo tre mesi in Svizzera, la ragazza ha notato che alcune regole sono molto stringenti: se non c'è il nome e cognome completo sul citofono, i corrieri non consegnano i pacchi.

Non basta un'iniziale. Non basta il cognome solo. Deve essere tutto perfettamente allineato con quello indicato sulla spedizione. “Se non c'è il tuo nome completo sul campanello, il pacco non lo ricevi. Punto”, spiega la ragazza nel suo video. Nessuna scorciatoia, nessuna flessibilità. La precisione svizzera, qui, è legge. Per chi arriva dall’Italia, dove la consegna spesso dipende dall’umore del corriere, può sembrare eccessivo.

2. Le famigerate buste della spazzatura “ufficiali”

Angela poi entra in un tema che riguarda tutti i residenti: lo smaltimento dei rifiuti. In Svizzera, ogni cantone ha delle buste ufficiali per la spazzatura e usare qualsiasi altro tipo di sacco è vietato. Pena? La multa. E non si tratta di una semplice sanzione simbolica. Si paga sul serio. Queste borse, racconta Angela, costano più di un euro ciascuna. Un prezzo alto per chi è abituato a mettere l'immondizia nelle buste da supermercato. Ma non è tutto: “Non ci sono nemmeno molti cestini pubblici in giro”, aggiunge. Quindi o porti con te i rifiuti fino a casa, oppure… ti arrangi.

Per molti italiani, abituati a una gestione più flessibile (e spesso più caotica) dei rifiuti urbani, questo sistema può sembrare un incubo. Per gli svizzeri, è semplicemente efficienza e ordine. Due parole che, nel Paese alpino, vengono prima di tutto. D'altronde, qui, il sistema di raccolta differenziata è tra i migliori in Europa e, come in Germania, esistono macchinette che danno buoni spesa riconsegnando bottiglie di plastica o di vetro, un miraggio in Italia (a parte rarissime eccezioni).

3. Negozi chiusi (troppo) presto

La Svizzera, si sa, non è il paese dell’aperitivo lungo o dello shopping serale. Ma Angela (in molte parti della Spagna gli orari 'standard' sono perfino più rilassati dell'Italia) è rimasta comunque colpita dagli orari serrati dei negozi. “Chiudono tutto prestissimo”, spiega. Un dettaglio che per lei è diventato fastidioso, soprattutto perché “anche nei weekend resta tutto chiuso”. Il sabato pomeriggio? Già dalle 17 molte attività sono serrate. La domenica? Silenzio totale, come la Germania. La vita svizzera segue ritmi più lenti, e il rispetto per il riposo settimanale è quasi sacro. Angela lo accetta, ma avrebbe preferito una maggiore elasticità: “Capisco che la domenica non si lavori, ma almeno qualche ora in più nei giorni feriali sarebbe utile”, dice.

Per chi arriva da città italiane dove i negozi restano aperti fino a tardi e il weekend è sinonimo di passeggiate tra le vetrine, il contrasto può essere forte. La tranquillità svizzera è reale. Ma anche un po’ scomoda.

4. Tassa TV obbligatoria (anche se non hai la TV)

Ultima, ma non per grado di fastidio, è la questione del canone televisivo obbligatorio. In Svizzera si paga un’imposta annuale che copre i servizi radiotelevisivi pubblici. Fin qui nulla di strano, anche in Italia esiste qualcosa di simile. Ma la sorpresa arriva quando Angela scopre che il pagamento è dovuto anche da chi non possiede una televisione. “Sì, anche se non hai la TV, devi pagarlo comunque”, afferma la ragazza. Il canone svizzero si aggira intorno ai 400 franchi all’anno, una cifra non indifferente per chi magari guarda solo contenuti in streaming dal telefono o dal laptop. Per molti italiani abituati a eludere il canone con una semplice autocertificazione, questa rigidità può risultare quasi assurda. Parlando di esperienze di persone in Svizzera, segnaliamo quella di un ragazzo che ha affrontato il tema del lavoro.

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