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Creare un’immagine con l’Intelligenza Artificiale non è solo una questione di pixel e creatività. Dietro ogni immagine generata con strumenti come Grok, Midjourney, DALL·E o ChatGPT con funzioni grafiche avanzate, si nasconde un costo ambientale che non tutti conoscono: il consumo d’acqua. E no, non parliamo di qualche goccia qua e là. Parliamo di litri. Veri, trasparenti, fondamentali litri d’acqua.
Un’immagine AI può bere più di te
I dati parlano chiaro. Generare una singola immagine con l’Intelligenza Artificiale può costare tra 0,5 e 2 litri d’acqua. Alcune stime più prudenti parlano di 40 millilitri per immagine, ma se si passa a modelli più sofisticati, quel numero si moltiplica. E quando le immagini AI diventano centinaia, migliaia, milioni… il conto idrico esplode. Per capire l’impatto reale, basta un paragone semplice: un milione di immagini generate in stile Studio Ghibli (la moda del momento) potrebbe costare fino a 40.000 litri d’acqua. Tanto quanto serve per garantire l’accesso all’acqua per 2.000 persone in zone colpite da scarsità idrica, dove bastano 20 litri al giorno per sopravvivere.

Non solo immagini. Anche il testo ha il suo impatto. ChatGPT, per esempio, consuma circa 519 ml di acqua per generare un’email da 100 parole. Un litro per due email, cinque litri per un testo da 1.000 parole. Tutto questo avviene a causa dei data center che gestiscono le richieste: strutture enormi, energivore, caldissime. Per raffreddarle, servono impianti sofisticati che utilizzano acqua dolce. E la stessa acqua viene consumata anche per generare l’energia elettrica, soprattutto nelle centrali termoelettriche. Il risultato? L’acqua evapora, e non torna facilmente indietro.
GPT-3 e compagnia: assetati come città intere
Durante l’addestramento del modello linguistico GPT-3, OpenAI ha utilizzato fino a 700.000 litri d’acqua. Non parliamo dell’uso quotidiano, ma solo della fase iniziale. Una volta operativi, questi modelli continuano a bere. Le stime parlano di 148 milioni di litri d’acqua al giorno consumati globalmente per far funzionare modelli come ChatGPT. E se solo il 10% dei lavoratori americani – circa 16 milioni di persone – usasse l’IA per inviare un’email a settimana, si consumerebbero circa 435 milioni di litri d’acqua l’anno. Più o meno quanto l’intero stato americano del Rhode Island in un giorno e mezzo.
L’acqua dell’IA: da dove viene, dove va
Non tutta l’acqua è uguale. E nemmeno il suo consumo. Il fabbisogno varia in base a:
- Posizione geografica: un data center in Arizona consuma 10,688 milioni di litri per addestrare un modello AI. In Virginia, si ferma a 3,730 milioni.
- Stagione: d’estate serve più acqua per il raffreddamento.
- Tecnologia usata: alcuni centri usano raffreddamento “a secco”, altri evaporano acqua potabile.
- Fonti di energia: chi usa energia rinnovabile ha una minore impronta idrica indiretta.
Ogni scelta tecnologica si riflette direttamente sull’ambiente. E le differenze, su larga scala, diventano drammatiche.
E l’ambiente che dice? “Basta!”
Le comunità locali stanno iniziando a ribellarsi. A The Dalles, in Oregon, Google gestisce un data center che usa un quarto dell’acqua della città. In una zona dove la siccità è un problema serio, l’impatto è diventato politico. E il malcontento cresce. In altre regioni, dove i sistemi idrici sono già in crisi, l'espansione dell’IA rischia di trasformarsi in un problema sociale. L'accesso all'acqua pulita non è solo una questione ecologica: è una bomba ad orologeria geopolitica.
