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Pasqua è alle porte. Nell'attesa della resurrezione del Signore, ogni Giovedì Santo a Napoli succede qualcosa che mette d’accordo sacro e profano, tradizione e gusto: nei vicoli, nei ristoranti e nelle case si cucina la celebre zuppa di cozze. Un piatto esplosivo, piccante, irresistibile. Ma cosa c’entrano i mitili con l’ultimo giovedì prima del Venerdì della Passione, quello che ricorda la crocifissione di Gesù? La risposta non si trova nei Vangeli, ma in una storia tutta napoletana fatta di re capricciosi, predicatori zelanti e una ricetta che conquista. A raccontarla, pochi minuti fa, è stato Leonardo Ciccarelli, content creator partenopeo che sta facendo impazzire il web con un video diventato virale proprio durante la Settimana Santa.
Il Re Lazzarone e la passione per “e cozzeche rint’a cannola”
Il protagonista della storia è Ferdinando I di Borbone, detto “il Lazzarone”. Non era un sovrano qualsiasi: amava stare in mezzo al popolo, mangiare con loro, parlare la loro lingua. E soprattutto... mangiava come loro. La sua passione? Le cozze, preparate alla napoletana, infilate nei pomodori “cuore di bue” di Sorrento, condite con aglio, olio, origano e mollica di pane. Una bomba di gusto che però stonava con il clima penitenziale del Giovedì Santo. È qui che entra in scena un personaggio chiave: Gregorio Maria Rocco, prete e predicatore noto per la sua influenza morale e politica nella Napoli del Settecento.
Il prete che fece pentire il Re (ma non troppo)
Don Gregorio non ci sta. Vede il Re sgranocchiare cozze e pomodori mentre la città si prepara alla Passione di Cristo e decide di intervenire. Con tono deciso, lo ammonisce: "Maestà, almeno oggi, fate penitenza!". Il Re, colto nel bel mezzo del suo peccato di gola, accetta... ma solo in parte. Decide di dare il buon esempio, sì, ma a modo suo. Ordina ai suoi cuochi di alleggerire la ricetta: niente più pomodori ripieni, solo cozze, olio piccante e un tocco di pomodoro. Nasce così la prima versione della zuppa di cozze alla napoletana.

Il colpo di genio? Condividere la ricetta col popolo. La voce gira veloce, da Piazza Mercato a Forcella, dai Quartieri Spagnoli a Materdei. E da quel giorno, ogni Giovedì Santo, Napoli si riempie del profumo di quella zuppa che nacque per penitenza e finì per diventare un must gastronomico.
Da piatto regale a tradizione popolare: l’evoluzione della zuppa di cozze
La versione “light” del Re non ha mai smesso di evolversi. Con il passare dei decenni, i napoletani l’hanno arricchita, trasformata, esagerata. Oggi la “Zuppa e cozzeche” è molto più di un semplice piatto: è un rito collettivo. In molte case non mancano i maruzzielli (lumachine di mare), il polpo a pezzetti, pane fritto o freselle imbevute. C'è chi ci mette anche i gamberi, chi un filo di limone, chi un tocco segreto ereditato dalla nonna. Ma la base resta sempre quella: cozze, olio, peperoncino e pomodoro.
Il video pubblicato da Leonardo Ciccarelli nelle ultime ore ha riportato alla ribalta una storia che alcuni napoletani conoscono bene, ma che il resto d’Italia scopre con curiosità. Con il suo stile ironico e affettuoso, Ciccarelli racconta come una zuppa sia riuscita a sopravvivere ai secoli senza perdere il suo spirito originario. “Una tradizione che unisce sacro e profano, come solo questa città sa fare”, dice nel video.
