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Ammettilo: anche tu hai detto almeno una volta "La Grande Mela" riferendoti a New York senza avere la benché minima idea del motivo dietro questa scelta semantica. Lo hai sentito dire ad altri e lo hai ripetuto. Nessun problema: siamo tutti sulla stessa barca, anche chi vive a Manhattan da una vita. Il nome suona bene, ma ha zero senso... se guardi la forma della città, che ricorda tutto fuorché una mela.
Su TikTok, il profilo miti_da_sfatare ha rilanciato la domanda: "Perché si chiama Grande Mela se ha la forma di una pera?". E mentre mostra una cartina che pare (vagamente) davvero una pera più che una mela, tira fuori anche un’altra chicca da far girare la testa: nel 1801, New York veniva chiamata "Gotham". E no, non c’entrano né Batman né la DC Comics: il soprannome esisteva molto prima dei fumetti.
New York e la “Grande Mela”: il marketing che ha riscritto la storia
Molti pensano che il soprannome sia antico quanto i grattacieli. In realtà, la teoria più accreditata (anche se non c’è nulla di ufficiale) è molto più moderna. La spiega per filo e per segno Gerard Cohen in un libro dedicato all’etimologia del nome New York. Sì, un'opera molto specifica. E qui entra in scena una parola magica: pubblicità.
Negli anni ’70, New York non era la città scintillante che conosciamo oggi. Certi quartieri facevano scappare anche i tassisti, la criminalità volava, gli investimenti crollavano. Insomma, un disastro. Per rilanciare l’immagine della metropoli, Charles Gillett, allora presidente della Commissione per il Turismo, si inventò una campagna geniale.
Lo slogan era questo: "You have to be a little crazy to live in New York. Crazy about the theatre." Tradotto: "Devi essere un po’ matto per vivere a New York. Matto per il teatro". Sopra la frase, campeggiava una gigantesca mela rossa con dentro disegnati i simboli più iconici della città: Empire State Building, Statua della Libertà, Times Square.
Dai jazz club all’ufficio marketing: come nasce un soprannome virale
L’idea della mela non uscì dal nulla. Gillett aveva un orecchio fino, e conosceva bene una frase che girava tra i jazzisti degli anni ’20 e ’30: "There are many apples on the tree, but when you pick New York, you pick the Big Apple." Una metafora musicale: tra le tante opportunità, New York era quella che contava davvero per i musicisti.
All’epoca, Harlem era il cuore pulsante del jazz mondiale. Chi riusciva a suonare nei locali newyorkesi si sentiva arrivato. Quindi New York non era una mela qualsiasi, ma proprio la più grande: quella che tutti volevano addentare.

La campagna funzionò alla grande. Il turismo tornò, i teatri si riempirono, i soldi iniziarono a scorrere di nuovo. E così "The Big Apple" divenne sinonimo stesso di New York, prima nei manifesti, poi nei giornali, poi nel linguaggio comune.
Un melo chiamato New York: la teoria delle radici profonde
C’è anche un’altra interpretazione, meno nota ma sicuramente affascinante. Nei primi del Novecento, qualcuno definiva lo stato di New York come un grande albero di mele, con le radici che affondavano fino alla valle del Mississippi. In questa visione poetica, la città di New York era semplicemente il frutto più grande e più succoso di tutto il melo. Voilà: la Grande Mela.
Questa immagine, pur non essendo mai diventata ufficiale, ha trovato spazio nei racconti e nelle metafore degli scrittori americani dell’epoca. Non ha mai avuto una campagna pubblicitaria dedicata, ma piaceva. E forse, in qualche modo, ha ispirato anche chi negli anni ’70 doveva ridare lustro a una città in crisi.
Musica e... frutta come paga? Una leggenda da sgranocchiare
L’ultima teoria è la più bizzarra, ma ogni leggenda metropolitana che si rispetti ha bisogno del suo lato assurdo. Si racconta che, nei ruggenti anni ’20, i musicisti jazz venissero pagati... in mele.
Avete letto bene: mele, non dollari. Questa storia gira da decenni, ma nessuno ha mai trovato uno straccio di documento che lo confermi. Nessuna ricevuta, nessun contratto, nulla. Solo passaparola, esagerazioni da backstage e tanta voglia di romanzare il passato. Se vuoi visitare New York, non puoi non mangiare le slice: ecco le migliori 5 secondo un newyorkese.
