Cosa dice di te il modo in cui parli quando sei nervoso? Più di quanto immagini, secondo la psicologia

Il tuo modo di parlare cambia quando sei nervoso e agitato? La psicologia ha una spiegazione illuminante, un modo per poter chiarire molti aspetti interessanti, proprio su questa tematica.

Quando l’agitazione prende il sopravvento, anche le persone più eloquenti possono trovarsi a balbettare, tergiversare, parlare troppo velocemente o al contrario bloccarsi completamente. È una scena familiare: una presentazione importante, un primo appuntamento, una telefonata inaspettata con qualcuno che ci mette a disagio. In quei momenti, il linguaggio si trasforma in un termometro emotivo, capace di rivelare non solo il nostro stato d’animo, ma anche tratti profondi della nostra personalità. E' proprio vero, una persona la si conosce sotto molteplici sfaccettature e, il modo in cui si arrabbia, fa assolutamente parte di queste.

E' nei momenti più difficili e delicati che viene fuori una parte "nascosta" di una persona. In quel momento, la personalità cambia. Molti pensano che il nervosismo sia soltanto una fastidiosa interferenza nella comunicazione. In realtà, è un vero e proprio evento rivelatore: ci toglie la maschera del controllo, ci espone, e spesso tira fuori aspetti di noi che di solito rimangono nascosti. È in quei momenti che la voce si incrina, che il vocabolario si riduce e si diventa più vulnerabili e in grado di mostrarsi per ciò che si è realmente, senza pensare troppo "a come apparire".

Nervosismo verbale: uno specchio della personalità più autentica

Secondo gli studiosi di psicologia del linguaggio, quando siamo nervosi il nostro cervello attiva una serie di meccanismi di difesa che influenzano la nostra comunicazione. Questi meccanismi non sono casuali: ognuno di noi tende ad adottare un proprio stile caratteristico quando entra in uno stato di agitazione. Analizzando questi stili, è possibile risalire a tratti stabili della personalità, spesso più affidabili delle parole dette a mente lucida. Per esempio, chi tende a parlare molto velocemente in situazioni stressanti potrebbe essere una persona abituata a dover dimostrare il proprio valore rapidamente, spesso insicura riguardo alla propria autorevolezza. Il bisogno di sovraccaricare il discorso di contenuti può nascondere il timore che il silenzio venga interpretato come incompetenza. All’estremo opposto, chi si blocca o parla molto lentamente potrebbe avere un orientamento alla perfezione, temendo di dire qualcosa di sbagliato. In questo caso, il silenzio non è mancanza, ma una forma di autocontrollo e di autocritica elevatissima.

Modo di parlare quando ti innervosisci
Modo di parlare quando ti innervosisci

Un altro elemento rivelatore è l’uso del linguaggio non verbale. Quando siamo nervosi, la nostra voce cambia tono, volume e ritmo. Alcune persone tendono ad alzare la voce senza rendersene conto, segno di un tentativo di affermarsi o di farsi ascoltare a tutti i costi. Altri, invece, la abbassano, come se volessero scomparire dalla scena, rivelando una predisposizione all’evitamento e una certa fragilità interiore. Altri ancora ricorrono all’eccessiva formalità: usano parole desuete o troppo ricercate, come se un linguaggio artificiosamente elevato potesse mascherare l’insicurezza di fondo. È una forma di auto-protezione linguistica, una sorta di armatura verbale che parla del bisogno di apparire impeccabili. Alla luce di questo è quindi un bene arrabbiarsi ogni tanto? Di sicuro non è un modo per far sentire una persona rilassata. Aiuta di certo però, ad abbandonare le barriere, almeno per poco, e ad esprimersi per ciò che si è davvero.

Come lo stress modifica il nostro modo di parlare

Quando siamo sotto pressione o ci sentiamo ansiosi, il nostro linguaggio cambia in modo evidente, sia nelle parole che scegliamo che nel modo in cui le pronunciamo. Un contributo significativo su questo argomento proviene dalla ricerca di Mehl e colleghi (2017), pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences, che ha dimostrato come le variazioni linguistiche possano fungere da indicatori affidabili di stress e percezione del pericolo. In momenti di stress, tendiamo a usare con maggiore frequenza parole cosiddette "funzionali", come pronomi e avverbi. In particolare, aumentano gli avverbi rafforzativi come “davvero”, “veramente” o “incredibilmente”. Inoltre, si osserva un uso più ricorrente dei pronomi in terza persona plurale, come “loro”, segno di una proiezione verso l’esterno e una possibile strategia per gestire l’ansia percepita. Lo stato di tensione può farci parlare molto più velocemente del solito. Questo fenomeno si chiama tachilalia. Il discorso diventa precipitato, poco chiaro, con parole mal articolate e omissioni fonetiche. Questo ritmo accelerato può compromettere la comprensibilità e viene spesso accompagnato da un tono piatto e una prosodia monotona, che rende difficile esprimere emozioni autentiche.

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