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Fabián Carazo non è solo un volto noto su Instagram, con oltre 49.000 follower, ma una voce sempre più influente nel mondo della salute mentale online. Psicologo clinico di nazionalità spagnola, nei suoi video affronta tematiche che toccano da vicino l’esperienza quotidiana: dalle dipendenze alla procrastinazione, passando per l’ansia e l’autostima. Il suo ultimo contenuto ha fatto discutere: "Il cervello non è progettato per renderci felici, ma per farci sopravvivere". Un’affermazione che spacca in due l’opinione pubblica.
Il cervello come strumento di sopravvivenza: cosa dice davvero la scienza
Il punto di partenza della riflessione di Carazo si trova in una linea di pensiero ben radicata nella neuroscienza evoluzionistica. Il cervello umano, spiegano studiosi come Joseph LeDoux e Antonio Damasio, si è sviluppato non per garantire la felicità ma per rispondere in modo rapido ed efficiente alle minacce. Lo sentiamo spesso: "istinto animale". L'unico istinto degli animali è quello di sopravvivere, dunque mangiare e difendersi dalle minacce. Il sistema limbico, responsabile delle nostre reazioni emotive più viscerali, è il prodotto di milioni di anni di adattamento. Ansia, paura e stress non sono guasti: sono meccanismi difensivi.

Secondo un'analisi pubblicata su Frontiers in Psychology, circa l’80% dei pensieri giornalieri è di natura negativa. Pensavi di essere pessimista? Lo sei, ma sei in ottima compagnia. Questo continuo flusso di pensieri negativi non accade per caso: il cervello filtra la realtà con un occhio ipercritico per prevenire pericoli e anticipare problemi. È il cosiddetta “bias di negatività”, che può distorcere la percezione del presente ma ha garantito, in passato, la sopravvivenza della specie.
La felicità esiste: è solo meno stabile di quanto vorremmo
Eppure, dire che il cervello "non è fatto per la felicità" è solo metà della storia. La felicità, dal punto di vista neuroscientifico, è reale. I circuiti dopaminergici e serotoninergici coinvolti nel piacere, nella ricompensa e nella motivazione, fanno parte integrante della nostra fisiologia. Quando viviamo esperienze positive – come l’amore, l’appagamento personale o la realizzazione di un obiettivo – il nostro cervello rilascia dopamina, serotonina e endorfine.
Come spiega Richard Davidson, neuroscienziato dell’Università del Wisconsin, in uno studio pubblicato su Nature Reviews Neuroscience, la felicità è una competenza che può essere allenata. E qui entra in gioco la psicologia positiva, fondata da Martin Seligman, secondo cui la felicità deriva da cinque fattori: emozioni positive, coinvolgimento, relazioni, significato e realizzazione personale – il famoso modello PERMA.
Capire il cervello per vivere meglio: dall’automatismo alla consapevolezza
Il messaggio di Carazo non è un invito al pessimismo, ma una chiamata alla consapevolezza. Il cervello ci protegge, sì, ma spesso lo fa in automatico, interpretando ogni incertezza come una minaccia. Questo atteggiamento può diventare controproducente nel mondo moderno, dove i pericoli sono raramente letali ma costanti e sottili: scadenze, giudizi sociali, pressioni familiari.
Secondo lo psicologo Daniel Gilbert, autore del celebre libro Stumbling on Happiness, il cervello possiede un vero e proprio "sistema immunitario psicologico": una capacità innata di adattarsi e trovare significato anche nelle situazioni più difficili. Questa capacità, che ci permette di “sintetizzare” felicità, è una delle risorse più sottovalutate dell’essere umano.
Felicità e filosofia: tra sopravvivenza e senso della vita
I filosofi lo hanno capito molto prima che l'uomo coniasse il termine "neuroscienziato". Diversi secoli fa, Aristotele parlava di eudaimonia, una felicità fondata sulla virtù e sulla ragione, non sull’effimero piacere. Per Schopenhauer, invece, la vita felice è quella che riesce a evitare il dolore, più che inseguire la gioia. Due visioni diverse, ma entrambe centrano il punto: la felicità non arriva per caso, si costruisce, si conquista e si comprende.
In un’epoca in cui tutto ci spinge a essere “felici a comando”, ricordare che il cervello funziona in modo diverso è un atto di lucidità. Fabián Carazo, nel suo modo diretto e divulgativo, ci ha solo ricordato qualcosa di essenziale: per sentirci meglio, non dobbiamo combattere il nostro cervello, ma imparare a conoscerlo.
