Perché tante persone finiscono per ricordare solo i momenti tristi e non quelli felici? La psicologia ha una risposta illuminante.
La memoria è una componente affascinante e complessa della nostra mente. Tuttavia, chiunque abbia attraversato periodi difficili sa quanto sia facile rimanere intrappolati nei ricordi più dolorosi, mentre i momenti felici sembrano svanire come sabbia tra le dita. Molte persone, infatti, riferiscono di ricordare con estrema chiarezza le esperienze tristi della loro vita, mentre faticano a recuperare emozioni positive o immagini di felicità vissute in passato.
Quante volte ti è capitato di vivere un'esperienza, un viaggio importante e di ricordare poi, solo i momenti più tristi rispetto a quelli felici? Quest'abitudine è di base curiosa e spinge molti, ad interrogarsi sulle cause e i fattori scatenanti. Ma non dovremmo ricordare maggiormente ciò che ci rende felici? Da un punto di vista adattivo, ricordare le esperienze negative è stato fondamentale. Le situazioni pericolose o dolorose forniscono lezioni importanti che, se dimenticate, potrebbero mettere in pericolo l'individuo.
Perché la mente amplifica il dolore: il ruolo delle emozioni e dell'autoconservazione
Se è vero che il cervello ha una naturale inclinazione a conservare i ricordi negativi, è altrettanto importante capire come e perché questa dinamica si rafforzi con il tempo. Le emozioni negative, come la paura, la tristezza e la rabbia, sono molto più intense delle emozioni positive dal punto di vista neurobiologico. Esse attivano l'amigdala, una piccola struttura cerebrale deputata all'elaborazione delle emozioni forti. L'amigdala segnala all'ippocampo di conservare quell'informazione come se fosse vitale. Questo meccanismo evolutivo è stato utile per i nostri antenati, ma nel contesto moderno può diventare un ostacolo al benessere psicologico. Un altro elemento cruciale è il modo in cui raccontiamo a noi stessi la nostra storia. La ruminazione, ovvero la tendenza a ripensare continuamente agli eventi negativi, rinforza le connessioni neurali legate a quei ricordi.

C'è da sottolineare inoltre che, i momenti negativi, coinvolgono un maggior carico emotivo e quindi restano maggiormente impressi nella memoria di una persona. La buona notizia è che la memoria non è un archivio statico, ma un sistema plastico che può essere allenato. Sono molteplici le pratiche da poter mettere in atto, una più di tutti è la mindfulness, ovvero l'attenzione consapevole al momento presente. Allenare la mente a riconoscere e apprezzare gli istanti di benessere, senza lasciarli passare inosservati, può aiutare a consolidare ricordi positivi. Non conta solo ricordare ciò che di triste ha travolto quel momento, anche e soprattutto i momenti belli vanno custoditi con cura nella propria mente.
Perché i ricordi tristi sono più persistenti di quelli felici
Diversi studi di psicologia hanno analizzato il motivo per cui tendiamo a conservare con maggiore facilità le esperienze tristi rispetto a quelle felici. Alla base di questo fenomeno c’è il cosiddetto bias della negatività. Il nostro cervello è predisposto a registrare e mantenere più vividamente gli episodi negativi. Questa tendenza ha origini evolutive: emozioni come il dolore e la tristezza venivano interpretate come segnali di pericolo o difficoltà imminenti, richiedendo quindi maggiore attenzione, mentre la felicità, non rappresentando una minaccia, veniva elaborata in modo meno intenso. Di conseguenza, il cervello si concentra maggiormente sulle esperienze spiacevoli, utili per adattarsi e sopravvivere. Un altro fattore importante è l’intensità emotiva. Eventi che provocano emozioni forti tendono a fissarsi più profondamente nella memoria. Tuttavia, le ricerche indicano che i ricordi legati a emozioni negative, come la paura o la tristezza, risultano più nitidi e dettagliati rispetto a quelli felici. Questo è stato evidenziato, ad esempio, dagli studi sulle flashbulb memories (Brown & Kulik, 1977), ovvero quei ricordi particolarmente vividi di eventi traumatici o scioccanti.
