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Altro che "nonno con la minima": in Australia, andare in pensione significa davvero mettere mano a un gruzzolo da favola. Scappati di Casa, il noto profilo Instagram gestito da un italiano che vive dall'altra parte del mondo, ha spiegato con parole semplici il meccanismo che permette agli australiani di salutare il lavoro con oltre un milione di dollari australiani sul conto. Per capirci: sono circa 600.000 euro secondo il cambio di oggi, 29 aprile 2025 (in moderato calo rispetto a inizio anno).
Italia vs Australia: contributi a confronto
Nel Belpaese, ogni lavoratore e il suo datore di lavoro versano insieme circa il 33% della Retribuzione Annua Lorda (RAL) per finanziare le pensioni. Dove finiscono questi soldi? Dritti nelle tasche di chi è già in pensione, con un sistema a ripartizione che poggia su un equilibrio sempre più fragile.
In Australia, invece, le cose funzionano diversamente. I contributi pensionistici, noti come Superannuation Guarantee, li paga solo il datore di lavoro: oggi siamo all'11%, ma in molte categorie si arriva anche al 12% o più. E quei soldi non finanziano chi è già in pensione: vengono investiti in un fondo pensione scelto dal lavoratore stesso. Risultato? Crescono anno dopo anno, sfruttando la potenza degli interessi composti.

Non è magia, è matematica: i fondi pensione australiani hanno avuto negli ultimi decenni un rendimento medio annuo dell'8%. Questo significa che anche chi ha uno stipendio nella media può arrivare a fine carriera con un patrimonio vicino o superiore al milione di dollari australiani. Chi ha stipendi più alti? Fa ancora meglio.
Va detto che, come tutte le generalizzazioni, contiene un fondo di verità ma è altrettanto vero che non tutti riescono a raggiungere questa cifra: dipende dalla continuità lavorativa, dal tipo di fondo scelto e naturalmente dai salari percepiti. Ma il meccanismo di base offre a chiunque una possibilità concreta di ritirarsi con un capitale da gestire in autonomia.
Se il 33% italiano fosse investito come in Australia...
Facendo due conti, se anche in Italia il famoso 33% fosse investito per ogni lavoratore, oggi avremmo pensionati milionari in euro, non solo in dollari australiani. Teoricamente, s'intende. Perché il nostro sistema, basato sulla solidarietà intergenerazionale, destina i contributi di chi lavora a pagare le pensioni correnti, senza accumulare un capitale personale.
Un cambio radicale come quello australiano? È auspicabile. D'altronde, il sistema pensionistico italiano entro il 2050 potrebbe collassare. Non è una teoria del complotto: invitiamo a fare qualche ricerca sul web da fonti autorevoli per capire che non è sostenibile sul lungo termine, a patto che non cambino (drasticamente) le regole. Passare al modello australiano? Non sarebbe semplice. Servirebbe una rivoluzione economica e culturale, senza contare le difficoltà di transizione tra i due modelli e i rischi di mercato che, comunque, esistono anche a Sydney e dintorni.
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In Italia, il problema è anche (e soprattutto) demografico. Sempre più pensionati e sempre meno lavoratori rendono il sistema a ripartizione sempre più difficile da mantenere. Gli analisti parlano chiaro: senza riforme e aggiustamenti, la sostenibilità delle pensioni pubbliche sarà messa a dura prova. Oggi, il sistema tiene ancora, ma la pressione è forte e le sfide del futuro sono enormi. Riforme come l'incentivo alla previdenza complementare sono già in corso, ma il cambio di mentalità richiederà tempo. E intanto, guardando l'Australia, viene quasi voglia di preparare le valigie.
“Scappati di Casa” racconta l’altra faccia del mondo
Il video di Scappati di Casa non è solo una lezione di finanza personale. È un invito a riflettere su come il luogo in cui si nasce può cambiare radicalmente le prospettive future. Il creatore di contenuti, che racconta quotidianamente la sua vita down under, offre uno spaccato di un sistema che punta tutto sulla responsabilità individuale e sulla forza dell'investimento a lungo termine. Australia e Italia, due mondi diversi, lontani geograficamente e culturalmente. E mentre da noi il dibattito sulla pensione a 67 anni infiamma le piazze, laggiù si punta a rendere ogni lavoratore, potenzialmente, un piccolo grande capitalista. A suon di percentuali, interessi e buon senso finanziario.
