Due giorni nel cuore di uno dei deserti più estremi del Sud America. Niente acqua corrente, niente elettricità, e una popolazione che fondamentalmente lotta ogni giorno per sopravvivere. È l’esperienza vissuta da Julian, content creator italiano noto su Instagram e TikTok come @perdersi_altrove, che ha trascorso 48 ore con una comunità indigena nel deserto di La Guajira, all’estremo nord della Colombia. "La loro realtà è completamente diversa dalla nostra", racconta Julian, ancora colpito dall’intensità dell’esperienza. "Qui la luce e l’acqua corrente non arrivano".
Chi vive nel deserto di La Guajira
Il deserto di La Guajira è una delle regioni più aride e povere della Colombia. Qui vive la popolazione indigena Wayuu, distribuita in piccoli insediamenti chiamati rancherias, costruiti con legno, fango, paglia e lamiere o pali di fortuna. Un paesaggio duro, senza alberi, con temperature elevate e vegetazione quasi assente. È un territorio che sfida la vita ogni giorno.
In questa terra dimenticata, l'acqua è oro. Gli abitanti riescono a ottenere meno di un litro d’acqua al giorno a persona, spesso trasportata da carretti trainati da asini, chiamati aguaeburro. Intanto, le grandi industrie estrattive della zona consumano risorse idriche a livelli esorbitanti. L’accesso all’elettricità è limitato o del tutto assente: molte famiglie vivono completamente al buio.
"Per queste persone, la pastorizia e la pesca sono fondamentali", spiega Julian. Le famiglie allevano capre e cercano di sfruttare le risorse minime del deserto. Ma negli ultimi anni, è nata anche una nuova forma di microeconomia: l'artigianato. Molte donne realizzano oggetti tradizionali, come braccialetti e borse intrecciate, venduti ai viaggiatori di passaggio o agli stessi colombiani che visitano la regione.

Julian racconta anche un dettaglio che fa riflettere: "I bambini raccolgono frutti del deserto e li offrono ai turisti in cambio di qualcosa". È una forma di baratto moderna. E non è raro che gli stessi abitanti chiedano cibo ai passanti. "Una ragazza indigena mi ha raccontato che un tempo il governo portava loro da mangiare. Ora non più", aggiunge Julian.
Emergenza fame e sete: una crisi umanitaria silenziosa
Dietro i colori dei tessuti Wayuu e i sorrisi dei bambini si nasconde una crisi profondissima. La malnutrizione infantile è allarmante. L’accesso ai servizi sanitari è praticamente inesistente: non ci sono ospedali, né ambulatori attrezzati, né vie di comunicazione rapide per raggiungerli.
Alcune ONG cercano di fornire assistenza, ma si tratta spesso di interventi isolati, insufficienti rispetto all’ampiezza del problema. La situazione è peggiorata ulteriormente negli ultimi anni a causa della crisi migratoria venezuelana, che ha spinto migliaia di persone in questa regione già fragile, mettendo sotto pressione risorse già minime.
Nonostante tutto, la comunità Wayuu mostra una forza incredibile. Si aiutano l’un l’altro, costruiscono reti di sopravvivenza fatte di piccoli gesti, scambi e solidarietà. Nei villaggi, è comune imbattersi nei cosiddetti cuerdas: corde tirate di traverso sulla strada, dove bambini o anziani bloccano i viaggiatori per chiedere acqua o beni di prima necessità. Una scena che racconta tutto: fame, necessità, ma anche dignità. È indubbio che decine di migliaia di italiani lottino per arrivare a fine mese, ma con qualche arma a disposizione in più rispetto alle popolazioni del deserto colombiano.
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