Sei abituato a preparare lo stesso dolce ogni weekend? C'è una spiegazione che ti aiuterà a scoprire i motivi legati a questa scelta. Un modo per potersi interrogare su aspetti curiosi e costanti.
Ogni sabato pomeriggio, nelle cucine di milioni di persone, si ripete un piccolo rituale: torte di mele che tornano in forno, ciambelloni che profumano le stanze, biscotti dalla forma familiare che prendono vita sulla carta forno. Non si tratta di chef professionisti, né di appassionati di alta pasticceria. Sono persone comuni che, ogni fine settimana, ritrovano una ritualità semplice, affettiva, quasi ancestrale. E, nella maggior parte dei casi, non si cimentano in nuove ricette ma tornano a cucinare sempre lo stesso dolce.
Ma perché accade questo? Cosa ci spinge a ripetere, con costanza quasi religiosa, un gesto che conosciamo già a memoria? Perché, tra mille ricette disponibili, finiamo col scegliere sempre quella? A rispondere, ancora una volta, è la psicologia, che ci aiuta a leggere questi comportamenti all’apparenza banali ma che racchiudono, in realtà, un mondo di significati emotivi, neurologici e sociali. Il punto di vista psicologico è chiaramente soltanto un aspetto che mette in luce i dettagli legati a questa abitudine. Sono anche altri i fattori scatenanti, tra comportamenti legati ad ogni persona ed esperienze di vita vissute.
Il conforto del dolce già conosciuto: tra abitudine e desiderio
La prima risposta sta nella potenza rassicurante dell’abitudine. In un mondo dove tutto cambia rapidamente, il nostro cervello cerca con ostinazione punti fermi. Preparare lo stesso dolce ogni weekend diventa un’àncora: un gesto che non chiede di essere imparato, che non contiene margini di rischio o fallimento, e che garantisce una dose certa di soddisfazione. È un momento di stabilità che si ripete, un piccolo rito personale o familiare che dice: “Va tutto bene, sei a casa”. Dal punto di vista cognitivo, questa ripetizione risponde anche a un principio di economia mentale. Il nostro cervello tende a preferire attività che non richiedono troppi sforzi di pianificazione o attenzione. Quando conosciamo già la ricetta, i tempi, i passaggi, la memoria procedurale prende il sopravvento e ci fa vivere l’esperienza in modo più fluido, rilassato, quasi meditativo. Non a caso, molti raccontano che impastare, mescolare o decorare dolci sia una forma di auto-terapia. Non è solo un'abitudine vissuta con i dolci, spesso anche la voglia di pianificare il proprio tempo libero, si collega a questa spiegazione.

Ma c’è anche qualcosa di più profondo, che riguarda il piacere e la ricompensa. Uno studio di Russel Keast della Deakin University, confermato da ricerche del Max Planck Institute, ha indagato il fenomeno della sazietà sensoriale specifica conosciuto anche come “stomaco da dessert”. In pratica, anche quando ci sentiamo pieni dopo un pasto, il cervello può ancora desiderare un dolce perché lo interpreta come uno stimolo sensoriale nuovo rispetto al salato appena ingerito. Questo fenomeno spiega perché possiamo sentirci sazi e, allo stesso tempo, avere spazio per una fetta di torta. Ma non è solo una questione di stimolo gustativo: dietro questo meccanismo si nasconde la nostra ricerca di conforto emotivo. Il dolce, per il cervello, è spesso associato al premio, alla gratificazione, a ricordi d’infanzia o momenti familiari rassicuranti. Per quanto sia quindi un bene cambiare e provare nuove ricette e sapori emozionanti, preparare lo stesso dolce è un modo per sentirsi: "Finalmente a casa".
