Luang Prabang, la perla incastonata nel cuore del Laos, è stata nominata come la città più bella dell’Asia nel 2025. Non lo dicono i blogger a caso, ma lo certifica Lonely Planet, l’oracolo mondiale del turismo intelligente. La capitale culturale del Laos (quella politica è Vientiane) si prende la scena senza Starbucks, senza Zara, senza KFC. E proprio per questo, funziona alla grande. A raccontarlo con occhi pieni di stupore è ‘Cuadernodeviaje’, il profilo social curato dalla coppia Dennis e Gabi. Hanno voluto testare sul campo l’affermazione di Lonely Planet: è davvero Luang Prabang la città più bella dell’Asia?
Una bellezza pura (e protetta dai francesi)
Il primo impatto con Luang Prabang è da cartolina vintage. Una città arroccata su una collina, incorniciata da fiumi e giungla, dove il tempo non corre: cammina scalzo, come i monaci all’alba. Niente insegne luminose, niente franchising globali. Solo templi, sorrisi e una quiete che sembra irreale.
Gabi, nel video diventato virale, racconta un dettaglio che cambia la prospettiva: «Alla fine dell’Ottocento arrivarono qui i francesi, dal Vietnam. Ma decisero di non toccare nulla: templi, palazzi, tutto troppo puro per essere contaminato». In cambio, lasciarono una sola cosa: la cultura dei café. E oggi, tra un wat dorato e una passeggiata lungo il Mekong, puoi sorseggiare un espresso perfetto in una delle tante caffetterie dall’anima coloniale.
Se Bangkok è la New York del Sud-Est asiatico, Luang Prabang è un monastero a cielo aperto. Qui si pratica un tipo di buddismo lento e silenzioso, che invita alla calma, al presente, alla presenza. Forse è per questo che la città è considerata una delle capitali più tranquille del mondo. Il Laos è anche regno di centri termali, saune alle erbe e massaggi rilassanti. «Il massaggio qui non è come quello thai – spiega Gabi – è più lento, più profondo. Ti senti liberare piano piano, senza fretta, senza strappi». E nelle saune, oltre al vapore, respiri essenze locali: un’esperienza multisensoriale, tra foglie di lemongrass e fiori di tamarindo.
Mattine da monaci, pomeriggi da film e cibo delizioso
Chi si alza presto a Luang Prabang si guadagna uno spettacolo unico: monaci buddisti in tunica arancione che percorrono le strade della città, silenziosi, con le ciotole per le offerte. È la tak bat, la cerimonia dell’elemosina, simbolo di un’Asia che resiste al tempo e alle mode. A pochi chilometri dal centro c’è una meraviglia che pare uscita da un sogno: la cascata Kuang Si. Non è un iperbole: compare davvero nel film sul buddismo Samsara, che ha girato il mondo per la sua bellezza mistica. Acque turchesi, piscine naturali, e una freschezza che rigenera. Altro che spa di lusso.

Dopo aver esplorato templi e sentieri, arriva il momento più atteso: mangiare. E a Luang Prabang il cibo laotiano è un’esperienza autentica e sorprendente. «Qui – dice Gabi – cucinano per pochi, ma con una cura maniacale. I piatti sono semplici ma perfetti. E i prezzi? Ridicoli». Papaya salad con lime fresco, riso glutinoso servito in cestini di bambù, zuppe calde come abbracci e laap, la specialità nazionale a base di carne, menta e lime. Tutto fresco, tutto locale. E soprattutto: niente trappole per turisti. Solo sapori veri, preparati con lentezza e rispetto.
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