Questa è l'unica popolazione al mondo che non vive sulla terraferma e non ha nazionalità

Nel cuore del Sud-Est asiatico, esiste una popolazione che sfida ogni definizione convenzionale di “cittadinanza”, “abitazione” e persino “nazione”. I Bajau, conosciuti come nomadi del mare, sono un gruppo etnico straordinario che vive prevalentemente tra le acque di Filippine, Malesia e Indonesia. La loro vita si svolge quasi interamente sull’oceano, e molti tra loro non hanno mai messo piede stabilmente sulla terraferma.

Tra barche-casa chiamate lepa-lepa, immersioni da record e una cultura profondamente legata al mare, i Bajau rappresentano una delle ultime comunità davvero nomadi rimaste sul pianeta. E soprattutto, sono spesso privi di qualsiasi nazionalità riconosciuta. Sono l'esempio perfetto di 'apolidi', quel termine che hai studiato alle superiori o alle università ma che hai usato pochissime volte nella vita reale.

Chi sono i Bajau: una popolazione sospesa tra acqua e cielo

Distribuiti principalmente nel Triangolo dei Coralli – una delle aree marine più ricche di biodiversità al mondo – i Bajau vivono lungo:

  • l’arcipelago di Sulu, nelle Filippine,
  • la costa orientale del Borneo malese,
  • le isole Wakatobi in Indonesia.

Per secoli hanno seguito i ritmi del mare, spostandosi con le stagioni e le correnti. Non costruivano case fisse, ma abitavano direttamente sulle barche, in nuclei familiari organizzati in piccoli clan. Ancora oggi, nonostante una parte della popolazione si sia trasferita su palafitte nei villaggi costieri, alcune centinaia di famiglie continuano a vivere a bordo delle loro imbarcazioni tradizionali. Secondo il WWF, si stima che circa un milione di persone si identifichino come Bajau, ma solo tra le 100 e le 200 famiglie praticano ancora una vita totalmente galleggiante.

I Bajau sono una popolazione senza nazionalità, spesso definiti "i gitani del mare". Credits: @kragefreeburn
I Bajau sono una popolazione senza nazionalità, spesso definiti "i gitani del mare". Credits: @kragefreeburn

I Bajau, in quanto nomadi marini, non possiedono spesso documenti ufficiali. Molti sono privi di certificati di nascita, carte d’identità o passaporti. Questo li rende legalmente invisibili agli occhi degli stati in cui vivono, senza accesso garantito a scuole, servizi sanitari o protezione giuridica. Insomma, più libertà ma meno diritti. Nel giugno 2024, oltre 500 Bajau sono stati sfrattati dalle loro abitazioni galleggianti nello stato malese di Sabah. Un’operazione che ha sollevato preoccupazioni internazionali e acceso i riflettori sulla vulnerabilità di questa comunità. Senza una nazione che li riconosca ufficialmente, vivono ai margini sia fisici che legali del mondo moderno.

Adattamenti genetici: il corpo umano che si plasma col mare

Uno degli aspetti più affascinanti dei Bajau è la loro capacità di restare sott’acqua per lunghi periodi. Gli scienziati dell’università di Cambridge, in una ricerca pubblicata su Cell, hanno documentato adattamenti genetici unici che consentono loro di sopravvivere a profondità e durate impensabili per l’essere umano medio.

  • Milza ingrossata del 50%: agisce come una “bomba d’ossigeno” durante l’apnea.
  • Mutazioni nei geni PDE10A e BDKRB2: migliorano la tolleranza all’ipossia.
  • Bradicardia estrema: il cuore rallenta fino a 30 battiti al minuto mentre sono in immersione.

I più esperti tra loro possono scendere fino a 70 metri di profondità, restando in apnea per oltre 13 minuti. I bambini imparano a nuotare prima ancora di camminare e vengono allenati fin dalla prima infanzia a vivere in simbiosi con l’oceano. In molti hanno rilanciato un'informazione falsa sul loro conto: si dice che da bambini vengano perforati loro i timpani. Questo non corrisponde al vero, ma è una fake news che circola da decenni.

Pesca, sopravvivenza e rituali: la quotidianità dei Bajau

La pesca rappresenta il fulcro della vita Bajau. Ogni giorno trascorrono fino a 8 ore in acqua, armati di fucili artigianali, reti intrecciate e trappole di bambù. Praticano tecniche antichissime, come la caccia al polpo a mani nude e la raccolta dei cetrioli di mare, apprezzati sia come alimento che per le loro presunte proprietà curative. La dieta è semplice ma ricca di nutrienti:

  • pesci freschi come tonni, cernie e pesci pappagallo,
  • crostacei rari come gamberi mantide e aragoste,
  • alghe marine e cetrioli di mare.

Per conservare il pescato, usano graticci di bambù per essiccare il pesce al sole, un metodo efficace che non richiede refrigerazione.

Nell'era dei social, i video che raccontano della loro vita straordinaria in senso stretto diventano spesso virali. Al contempo, però, in molti si chiedono: come bevono acqua potabile se trascorrono gran parte della loro esistenza in mare? Come curano l'igiene personale? L'acqua potabile viene ottenuta raccogliendo pioggia in gusci di cocco o scambiando pesce essiccato con acqua dolce dalle comunità costiere. L’igiene si basa su saponi naturali a base di alghe, cenere vulcanica come dentifricio e corallo raschiato per la pulizia della pelle. Le cure mediche combinano rimedi naturali e pratiche sciamaniche, unendo conoscenze tradizionali a elementi spirituali.

Tra tradizione e modernità: un equilibrio fragile

I Bajau affrontano sfide crescenti. L’inquinamento causato della plastica minaccia la salute dei mari. Le attività industriali limitano le loro rotte migratorie e le aree di pesca tradizionali. Governi locali spingono per la sedentarizzazione forzata, in contrasto con il loro spirito nomade. Secondo un recente rapporto del WWF, il 40% dei giovani Bajau preferisce oggi lavorare nel turismo subacqueo, diventando guide, istruttori o accompagnatori per immersioni. È una nuova via che consente di valorizzare il legame millenario col mare senza abbandonare del tutto le radici culturali.

La sopravvivenza di questa comunità unica dipenderà dalla loro capacità di adattarsi, mantenendo vive le tradizioni mentre si confrontano con le trasformazioni globali. I Bajau non hanno una terra da chiamare patria, ma hanno fatto dell’oceano il loro universo, il loro sostegno e la loro identità più profonda.

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