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Una bistecca da 27 sterline. Due piatti di prosciutto alla Derbyshire da 15 sterline l’uno. Diverse pinte di birra artigianale. Una cena in pieno stile inglese in famiglia nel cuore del Peak District, nella storica locanda Horse and Jockey. Ci troviamo letteralmente nel cuore dell'Inghilterra, a meno di un'ora di macchina da Manchester. Tutto nella norma — fino a quando i video ripresi dalle telecamere a circuito chiuso del ristorante finiscono su Facebook, accompagnati da un'accusa pesantissima nella caption del post: "Queste persone hanno mangiato e sono fuggiti senza pagare".
La famiglia in questione? I McGirr, multimilionari e rispettati imprenditori nordirlandesi, proprietari della McGirr Engineering, colosso della meccanica con sede vicino a Omagh, in Irlanda del Nord. In pochi giorni, la loro reputazione viene polverizzata sui social e sulla stampa britannica: trattati come ladri da pub, denigrati pubblicamente e travolti da una tempesta mediatica feroce.
Danno d'immagine milionario: “Non ci serviva il denaro, ma giustizia”
Ma la verità, come spesso accade, è ben diversa: i McGirr avevano pagato il conto per intero. A far crollare l’accusa è un banale errore umano. Un dipendente alle prime armi aveva incassato il pagamento tramite POS, ma dimenticato di registrarlo nel sistema. Così, invece di chiudere con un amaro, la serata si è chiusa con un atto di diffamazione. E la famiglia McGirr non ha lasciato correre. Ha fatto causa per danno d'immagine alla direzione del pub e, lo scorso venerdì, l’Alta Corte di Belfast ha stabilito il risarcimento: 75.000 sterline di danni morali, oltre a circa 60.000 sterline tra spese legali e costi processuali.
Il gestore del locale, John Watson, ha tentato il tutto per tutto per evitare il processo. È volato fino a Belfast, ha chiesto scusa di persona e ha persino offerto una cena omaggio con pernottamento. Ma la famiglia ha rifiutato. “Non era una questione di soldi — ha spiegato un amico di famiglia — era una questione di onore. Hanno scelto di ripulire il proprio nome, nonostante fossero già milionari”.
Chi sono i McGirr: da Omagh al successo internazionale
La McGirr Engineering è un colosso nella produzione di macchinari per l’edilizia. Fondata 40 anni fa da Peter McGirr senior, oggi l’azienda produce bloccatrici industriali che possono costare fino a 150.000 sterline l’una, vendute in tutto il mondo. L’impresa è valutata oltre 2 milioni di sterline e ha riserve liquide da 1,3 milioni. Non esattamente il profilo dei “furbetti del ristorante”. Ma la gogna social non perdona. "Siamo stati umiliati pubblicamente per un errore che non era nostro" ha dichiarato Carol McGirr, figlia di Peter e Ann, subito dopo la sentenza. "Grazie a Dio è tutto finito. Il nostro nome è stato pulito".

Sui social, la notizia del risarcimento ha acceso un nuovo dibattito: era giusto chiedere una cifra simile per un’accusa sbagliata? Tra chi grida alla vendetta esagerata e chi applaude alla giustizia fatta, il punto resta uno: l’onore, per qualcuno, vale più di qualsiasi bistecca.
Una figuraccia virale: la potenza (distruttiva) di un post su Facebook
L'intera vicenda dimostra come un semplice post — sbagliato, frettoloso, ma virale — possa distruggere una reputazione costruita in decenni. La pubblicazione delle immagini della famiglia con l’accusa di furto ha generato migliaia di commenti, meme e insulti. Da eroi dell’industria a "mangiatori scrocconi", il passo è stato fulmineo.
“Non ho mai creduto a quelle accuse”, ha detto un amico della famiglia. “Chi li conosce sa che non avrebbero mai fatto una cosa simile. Ma quando i social si scatenano, è dura fermarli”. Alla fine, la giustizia ha fatto il suo corso, ma il ristoratore ne è uscito con le ossa rotte: quasi 140.000 sterline tra risarcimento e spese, e una reputazione rovinata per davvero. Altro che “errore da principianti”.
Il consiglio di Carol (e non è uno scherzo)
A 10 mesi dall’inizio dell’incubo, la figlia Carol lancia un monito ironico ma efficace su Facebook: “Non pagate prima di mangiare. E soprattutto usate sempre la carta!”. Il consiglio ha fatto sorridere molti utenti, ma nasconde una verità scomoda: anche pagando, anche essendo onesti, si può finire nel tritacarne della disinformazione online.
Il caso McGirr è destinato a restare un precedente giudiziario in tema di diffamazione digitale. Ma nel frattempo ha anche regalato una lezione amara a chi gestisce un’attività: verificare prima di pubblicare non è solo buona educazione. È sopravvivenza.
