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Lasciare l’Italia a soli 21 anni per trasferirsi in Nuova Zelanda non è una scelta comune tra i giovani italiani. Eppure, Arianna – conosciuta online come @justpopi21 – ha deciso di farlo nel 2020. Oggi che ne ha quasi 26, ha potuto raccontare sui social le ragioni per cui rifarebbe tutto da capo.
Secondo i dati aggiornati dell’Ambasciata d’Italia a Wellington, nel 2024 gli italiani residenti in Nuova Zelanda sono circa 2.000. I loro discendenti, invece, arrivano a circa 15.000. Numeri oggettivamente bassi, specie se confrontati con quelli di altri Paesi dove la comunità italiana all’estero è molto più folta. Questo perché la Nuova Zelanda rimane una meta complicata da raggiungere, geograficamente isolata e logisticamente impegnativa.
Arianna e la scelta di vivere dall’altra parte del mondo
“Non me ne pento, anzi”, premette Arianna in un carosello su TikTok in cui elenca dieci motivi per cui vivere in Nuova Zelanda le ha cambiato la vita. Tra le prime cose che sottolinea c’è la paga oraria. “Nel 2020, quando sono arrivata, era di 17,70 dollari neozelandesi (circa 9,30 euro). Oggi è di 23,50 dollari (12,30 euro)”, spiega. Una crescita significativa, che permette anche a chi svolge lavori semplici di mettere qualcosa da parte. Arianna ammette che la vita in Nuova Zelanda è cara, ma con stipendi più alti e meno precarietà, le preoccupazioni di fine mese restano lontane.
Rispetto, lavoro e zero discriminazioni: la cultura del lavoro kiwi
Un altro aspetto che ha colpito Arianna è la cultura del lavoro in Nuova Zelanda. “C’è molto rispetto per chi è alle prime armi, per chi cambia mestiere da un giorno all’altro. E se qualcuno si comporta male, viene seriamente sanzionato”, spiega. Alcune aziende, addirittura, danno ai nuovi dipendenti un cartellino distintivo che segnala la mancanza di esperienza, invitando colleghi e superiori a trattarli con pazienza. E anche il curriculum vitae segue regole ben diverse rispetto all’Italia. “Non devi mettere né la foto né l’età. È vietato discriminare in base a questi dati”, spiega. La normativa, infatti, protegge i candidati da qualsiasi pregiudizio anagrafico o estetico.

Ferie lunghe, eventi inclusivi e zero burocrazia per l’auto
La posizione geografica della Nuova Zelanda, isolata da tutto il resto del mondo, influenza anche le abitudini lavorative. “Prendere un mese di ferie è assolutamente normale. Organizzare viaggi è complicato, quindi nessuno ti guarda male se sparisci per qualche settimana”, racconta. Ma non finisce qui. In caso di festività che cadono di sabato o domenica, il giorno libero viene spostato al lunedì. “Lo chiamano Mondaysation. Non rinuncerebbero mai a un giorno di festa”, precisa Arianna.
Tra le curiosità che condivide, ce n’è una che ha lasciato di stucco i suoi follower: il passaggio di proprietà di un’auto (lei lo chiama 'trapasso') è completamente gratuito, sia che si tratti di una vecchia utilitaria che di una supercar. “Puoi farlo online o in tabaccheria. È facile e non costa nulla.”
Sanità gratuita e festival aperti a tutti
Chi possiede un visto lavorativo in Nuova Zelanda ha diritto alla sanità pubblica gratuita. “Paghi le tasse al 100%, e il sistema lo riconosce. Nessuno viene lasciato indietro solo perché straniero”, racconta Arianna. E sul fronte della vita sociale, nessun limite d’età. A un festival di musica elettronica è possibile trovare, insieme, persone di 20, 40 e 60 anni. "Nessuno giudica nessuno, né in base a cosa fai né a come ti vesti”.
Durante la pandemia da Covid-19, il governo neozelandese ha fornito un sussidio mensile a tutti i residenti, immigrati compresi. Una misura che ha permesso a molti di sopravvivere durante i lockdown più duri.
