Lo sapevi che le statue romane non erano bianche in origine? La storia è affascinante

Per anni, l’immagine che molti hanno delle statue romane e greche che vediamo nei musei è quella di eleganti figure bianche scolpite nel marmo. Ma questa visione è completamente distorta. Le statue dell’antichità, sia romane che greche, erano riccamente colorate, vivaci e tutt’altro che candide. Una verità che la ricerca archeologica e le indagini scientifiche moderne hanno ormai confermato senza ombra di dubbio. Questa riscoperta ha rivoluzionato la comprensione dell’arte classica e smantellato un’idea che per secoli ha influenzato l’estetica occidentale, quella del marmo bianco come sinonimo di perfezione e purezza.

Il mito del marmo bianco: da Winckelmann a Michelangelo

L’origine di questo fraintendimento risale al XVIII secolo. Lo studioso tedesco Johann Joachim Winckelmann, considerato uno dei padri della storia dell’arte moderna, celebrava la bellezza delle statue greche per il loro presunto “candore”. Questo ideale estetico ha profondamente influenzato l’arte neoclassica e ha guidato artisti come Antonio Canova e Michelangelo verso l’imitazione di un’arte “bianca”, essenziale e armonica. Eppure, già molto prima, autori come Plinio il Vecchio, Vitruvio e persino Euripide avevano lasciato testimonianze scritte sull’uso dei colori nelle sculture. Le statue dell’antichità erano dipinte, spesso con colori accesi e dettagliati, per renderle il più possibile realistiche e vicine all’aspetto umano.

Pompei e le prime prove concrete del colore

Con gli scavi di Pompei a partire dalla metà del 1700, gli archeologi hanno cominciato a trovare prove tangibili. La lava del Vesuvio aveva preservato interni domestici, pareti affrescate e statue con tracce di pigmenti colorati. Questi reperti hanno mostrato un mondo antico ben più vivace e variopinto di quanto si credesse. Nel corso dei secoli successivi, il concetto di policromia antica ha continuato a guadagnare terreno, supportato da nuovi scavi e tecnologie avanzate che hanno permesso analisi approfondite su numerose opere d’arte conservate nei musei europei.

Gli artisti greci e romani non lasciavano nulla al caso. Le statue venivano dipinte con pigmenti naturali, spesso derivati da minerali. Il rosso, tra i colori più utilizzati, proveniva dal cinabro. Il nero veniva ricavato dal carbone vegetale, mentre il blu e il giallo da lapislazzuli e ocra gialla. Per fissare i pigmenti sul marmo, venivano usati leganti come uova, cera d’api e gomma arabica. Gli occhi delle statue, oggi vuoti, un tempo erano colorati o realizzati in pasta vitrea. Anche capelli, ciglia, sopracciglia e labbra erano decorati nei minimi dettagli, rendendo le figure straordinariamente espressive e umane.

Alcuni fregi e bassorilievi, come quelli del mausoleo di Alicarnasso, presentavano sfondi azzurri, abiti dettagliati e decorazioni dorate. Oggi, questi capolavori possono essere apprezzati solo grazie a ricostruzioni basate su evidenze scientifiche.

Scienza e tecnologia riscrivono la storia dell’arte

Nel XX secolo, la luce ultravioletta e l’analisi a infrarossi hanno permesso agli archeologi di individuare tracce invisibili di pigmento sulle statue. Un esempio celebre è la statua di Augusto della Villa di Livia a Prima Porta: al momento del ritrovamento, presentava resti evidenti di colore, oggi ricostruiti digitalmente.

Mostre come “Gods in Color” (Frankfurt, Liebieghaus Museum) hanno dato nuova vita a queste scoperte, offrendo al pubblico la possibilità di vedere come apparivano davvero le statue antiche. I curatori Vinzenz Brinkmann e Ulrike Koch-Brinkmann hanno guidato il lavoro di ricostruzione tridimensionale e pittorica, basandosi su prove chimiche e test di laboratorio.

Il risultato è straordinario: figure dai capelli castani, occhi intensi, labbra rosse, abiti a motivi floreali o geometrici, dettagli in oro. Un vero colpo d’occhio che cancella ogni traccia dell’idea del marmo bianco come standard universale. Online ci sono ricostruzioni fatte al PC che mostrano com'era una statua poche ore dopo che l'artista le aveva dato l'ultimo tocco:

Le statue romane, in origine, erano colorate. Il tempo e l'intervento dell'uomo ha fatto sparire questi dettagli che le rendevano ancor più belle. Credits: @flavia_torretiarte - TikTok
Le statue romane, in origine, erano colorate. Il tempo e l'intervento dell'uomo ha fatto sparire questi dettagli che le rendevano ancor più belle. Credits: @flavia_torretiarte - TikTok

Perché il mito del bianco ha resistito così a lungo?

Le statue greche e romane hanno perso il loro colore originale banalmente a causa dell’erosione del tempo, delle intemperie, di restauri aggressivi e persino di interventi deliberati. Alcuni restauratori del XVIII secolo usavano acidi per “ripulire” le statue fino a renderle completamente bianche. Oggi può sembrare una follia, ma nel 1700 era 'accettabile'. Allo stesso tempo, l’ideale estetico rinascimentale, influenzato dalle teorie di Winckelmann, ha rinforzato l’idea che l’arte perfetta fosse anche monocromatica. Questo ha oscurato per generazioni la verità storica e ha alimentato una visione parziale dell’arte classica.

Solo in tempi recenti, grazie al lavoro di archeologi, restauratori, storici dell’arte e chimici, è stato possibile recuperare un’immagine più completa e fedele del passato.

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