"Come abbiamo raggiunto la spiaggia più bella al mondo": è in Italia ed è stupenda

Cala Goloritzè è la spiaggia più bella al mondo 2025: ecco come raggiungerla attraverso un trekking unico al mondo.

C’è una spiaggia che non ha bisogno di filtri, né di didascalie poetiche. Una che incanta lo sguardo e impone il silenzio. Nel nostro viaggio alla scoperta delle meraviglie italiane, io e il mio compagno di avventure entrambi travel blogger instancabili e affamati di bellezza autentica abbiamo finalmente varcato la soglia di un luogo che da tempo aleggiava nei nostri sogni: Cala Goloritzè, in Sardegna. Dichiarata monumento naturale nel 1993, Cala Goloritzè è più di una semplice spiaggia: è un santuario di roccia, mare e luce, dove la mano dell’uomo ha deciso, giustamente, di restare in disparte. E non è un caso se, nel 2025, è stata incoronata come la spiaggia più bella al mondo. Ma per arrivarci serve desiderarla davvero. E rispettarla.

La prima regola, imprescindibile: si accede solo con prenotazione. Il sito ufficiale (gestito con attenzione dalle autorità locali) permette di riservare il proprio posto massimo 3 giorni prima, non oltre al costo simbolico di 7€ a persona. Una cifra che, più che un biglietto, è un piccolo investimento nella tutela di un ecosistema fragile, dove ogni passo deve essere consapevole. L’ingresso è a numero chiuso, e questo non solo garantisce una fruizione serena del luogo, ma protegge la sua delicatezza geologica e marina, continuamente minacciata dal turismo di massa. Cala Goloritzè non è per tutti: è per chi sa aspettare, per chi sa camminare, per chi sa nuotare e soprattutto per chi sa rispettare.

Cala Goloritzè
Tutto il fascino della spiaggia più bella al mondo 2025, Cala Goloritzè. Fonte: Instagram

Due strade, una sola emozione: raggiungere Cala Goloritzè

Abbiamo scelto il percorso a piedi. Un trekking di circa 3,5 km, all’andata prevalentemente in discesa, che si trasforma al ritorno in una salita di oltre 500 metri di dislivello. Un cammino impegnativo ma affascinante, che si snoda tra macchia mediterranea, panorami vertiginosi e la sensazione costante di avvicinarsi a qualcosa di raro. Si può fare in autonomia, come abbiamo fatto noi, con scarpe da trekking e acqua in abbondanza. Il sentiero è segnato, ma non banalizzato: ogni svolta è un invito al silenzio e alla contemplazione. Quando, dopo circa un’ora, si apre il panorama sulla spiaggia, si resta immobili. Cala Goloritzè è una mezzaluna di ciottoli bianchissimi, lambita da un’acqua che ha il colore del vetro soffiato, incorniciata da falesie calcaree e il celebre pinnacolo roccioso, simbolo indiscusso del Golfo di Orosei.

L’alternativa, per chi preferisce il mare, è l’arrivo in barca. Ma attenzione: le boe delimitano una zona protetta, in cui le imbarcazioni non possono entrare. Chi sceglie questa via dovrà nuotare per raggiungere la riva, senza mai toccare con disinvoltura fondali vulnerabili o disturbare la quiete del luogo. Anche questo è parte dell’esperienza.

Abbiamo passato lì alcune ore indimenticabili. Niente bar, niente ombrelloni, niente rumori: solo il suono del mare, il frinire dei grilli tra le rocce e il vento che scolpisce la pietra. Abbiamo fatto il bagno accanto ai pesci, sdraiati sulle rocce lisce come cuscini antichi, e lasciato che la luce intensa della Sardegna ci ricamasse addosso una nuova consapevolezza: quella di far parte di qualcosa di molto più grande di noi. Cala Goloritzè non è semplicemente bella. È un simbolo di resistenza e armonia, un promemoria tangibile di ciò che accade quando l’uomo sceglie di essere ospite e non padrone. Non ci siamo solo innamorati di una spiaggia: abbiamo fatto un’esperienza trasformativa, che resterà scolpita nelle nostre storie, nei nostri racconti e, sì, anche nelle nostre fotografie. Ma quelle non potranno mai rendere giustizia alla verità di quel blu.

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