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Guardando le fotografie del XIX secolo e dei primi decenni del XX, ci si imbatte spesso in volti impassibili, sguardi fissi e bocche chiuse. A differenza delle immagini moderne, piene di sorrisi (talvolta finti) e di tentativi di esibire pose originali, quei ritratti d’epoca sembrano raccontare una realtà austera, quasi triste. Ma l’assenza di sorrisi non aveva nulla a che fare con la malinconia o con una presunta maggiore serietà dell’epoca. Il vero motivo è molto più curioso e complesso, e riguarda soprattutto limiti tecnici, abitudini culturali e regole sociali molto diverse da quelle di oggi.
Fotocamere antiche e tempi di esposizione: sorridere era (quasi) impossibile
Nel XIX secolo, scattare una fotografia era un processo lungo e macchinoso. Le fotocamere dell’epoca richiedevano tempi di esposizione lunghissimi: chi si faceva ritrarre doveva restare completamente immobile per diversi minuti. Anche il minimo movimento rischiava di rovinare la foto. In queste condizioni, mantenere un sorriso naturale diventava un’impresa. I muscoli facciali si affaticavano e la posa forzata trasformava il sorriso in una smorfia poco gradevole.
I fotografi, consapevoli del rischio di immagini sfocate o poco riuscite, consigliavano espressioni neutre o serie. Inoltre, l’estetica dell’epoca era ancora influenzata dalla pittura: nei ritratti a olio, il volto serio era la norma, segno di compostezza e dignità.
Un fattore culturale: sorridere era considerato poco elegante
Al di là dei vincoli tecnici, il sorriso nelle foto veniva spesso giudicato inappropriato. Nell’Ottocento e nei primi del Novecento, mostrare i denti era associato alla volgarità, alla dissolutezza o persino all’ubriachezza. Sorridere ampiamente in un ritratto pubblico equivaleva, per molti, a comportarsi in modo poco serio o infantile. Tra le classi più abbienti, poi, prevaleva un’ulteriore motivazione: la salute dentale. L’igiene orale non era diffusa come oggi e molte persone, anche giovani, avevano denti rovinati o mancanti. Mostrare un sorriso “a piena dentatura” non solo era sconsigliato, ma anche evitato per pudore.

Il critico d’arte Nicholas Jeeves ha documentato come, fino alla diffusione della fotografia istantanea, la risata in pubblico fosse ritenuta ridicola o addirittura indegna. La serietà, invece, era sinonimo di rispetto e raffinatezza.
La rivoluzione Kodak: quando iniziamo davvero a sorridere
Con l’introduzione delle fotocamere Kodak e la riduzione significativa dei tempi di esposizione, le fotografie cominciarono a cambiare volto. Scattare diventava un gesto spontaneo, alla portata di tutti, senza più bisogno di stare fermi per minuti interi. La tecnologia, però, non fu l’unico motore del cambiamento. Anche la cultura dell’immagine si trasformò. A partire dagli anni ’30 del Novecento, il sorriso iniziò a diventare la norma nei ritratti, spinto anche dalla pubblicità, dal cinema e, più avanti, dalla televisione.
Mostrare la propria gioia davanti all’obiettivo non era più sconveniente: rappresentava felicità, fiducia, autenticità. In poche decadi, le fotografie da rigide e formali si fecero personali, calorose, piene di emozione.
Occhi rossi e altri “misteri” delle vecchie fotografie
Andiamo avanti di qualche decennio. Un altro dettaglio tipico delle vecchie foto, soprattutto di quelle scattate tra gli anni ’70 e ’90, è il cosiddetto “effetto occhi rossi”. Quel riflesso spettrale è dovuto alla luce del flash, che colpisce la retina attraverso la pupilla dilatata e rimbalza indietro verso l’obiettivo.
Il fenomeno è più evidente in ambienti poco illuminati, nelle persone con occhi chiari e nei bambini. Le fotocamere analogiche, con il flash integrato vicino alla lente, accentuavano ancora di più questo effetto. Non era un difetto dell’occhio, ma un limite tecnico facilmente spiegabile oggi.
Guardare le vecchie foto con gli occhi di oggi può trarre in inganno. Chi non sorrideva non era triste, ma viveva in un mondo con regole diverse, sia tecniche che culturali. Capire il contesto di quelle immagini ci permette di apprezzare ancora di più la loro unicità e il valore storico che racchiudono.
