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Non si trova in una giungla sperduta né su un cratere attivo. L’attrazione turistica più pericolosa al mondo è nel cuore della Siria, tra sabbia, storia e fantasmi del passato. Si chiama Palmyra (in italiano, Palmira) ed è un sito archeologico tanto spettacolare quanto carico di cicatrici. A parlarne recentemente è stato il creator dnzh.travels, che ha dedicato un video alla sua visita nell’antica città siriana. Le immagini sono potenti, il racconto crudo: Palmyra, per quanto affascinante, non è una meta per tutti.
Palmyra: la perla del deserto diventata teatro dell’orrore
Un tempo, Palmyra attirava visitatori quanto le piramidi d’Egitto. Era il simbolo di una Siria accogliente, crocevia di culture, carovane e commerci. Dal I al II secolo d.C., questo sito UNESCO era una vera metropoli del deserto, con templi maestosi, colonnati infiniti e un anfiteatro tra i meglio conservati dell’epoca romana. Poi, però, nel 2015 è arrivata la guerra. Durante l’occupazione da parte dell’ISIS, l’antico anfiteatro di Palmyra ha cambiato volto. Lì, dove un tempo si celebrava l’arte e la cultura, il gruppo terroristico ha inscenato pubbliche esecuzioni. Il video di dnzh.travels mostra ancora i segni di quella ferocia: le colonne portanti mancanti, le pietre spezzate, il silenzio assordante di un luogo che ha visto troppo.
Palmyra viene spesso citata nei reportage internazionali, tra cui The Guardian e National Geographic, come una delle destinazioni turistiche più a rischio. Non solo per il suo passato recente, ma anche per l’instabilità attuale della regione. La Siria resta, ad oggi, un paese con forti tensioni politiche e una rete di sicurezza molto debole, soprattutto fuori dalle grandi città come Damasco.

Visitare Palmyra non è come passeggiare tra i grattacieli del centro di Singapore. La zona è desolata, senza turismo né servizi. Secondo quanto raccontato da dnzh.travels, la mancanza di opportunità lavorative spinge alcuni locali a rompere i finestrini delle auto per cercare qualcosa da rivendere. Eppure, l’accoglienza da parte degli abitanti che hanno capito che è un turista (una rarità di questi tempi) è stata “incredibile”, parole sue. Un contrasto che lascia il segno.
Una bellezza fragile che resiste al tempo
Nonostante tutto, Palmyra resta un capolavoro architettonico. I suoi templi dedicati a Bel e Baalshamin, i resti del tetrapilo e il lungo viale colonnato raccontano storie millenarie di scambi tra Roma e l'Oriente. La fusione tra arte greco-romana e influenze persiane è unica nel suo genere. Ma ogni passo tra quelle rovine fa riflettere: la bellezza può sopravvivere alla barbarie, ma resta fragile. Per l’UNESCO, la ricostruzione di Palmyra è una priorità. Alcuni progetti di restauro sono già partiti, con la collaborazione dell’Institut National du Patrimoine francese e di archeologi locali. Tuttavia, la situazione geopolitica continua a rallentare ogni intervento. I turisti, per ora, sono pochissimi. E chi decide di partire, lo fa consapevole dei rischi.
Vale davvero la pena visitarla?
È una domanda che divide. C’è chi crede che il turismo possa aiutare a riportare vita in questi luoghi, e chi invece ritiene troppo pericoloso promuovere visite in zone ancora instabili. Dnzh.travels ha scelto di andare, documentare e raccontare. Il suo video ha aperto un dibattito che riguarda il ruolo del viaggiatore nel mondo post-conflitto.
Una cosa è certa: Palmyra non è un’attrazione come le altre. È un luogo che obbliga a guardare in faccia la storia, con tutte le sue contraddizioni. Un sito archeologico che continua a vivere, nonostante tutto. E che, per chi ha il coraggio e le competenze per visitarlo, lascia un segno profondo.
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