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Controllare l’orologio, il display del cellulare o - se hai un lavoro d'ufficio - l’angolo in basso a destra dello schermo del computer: un gesto che ripetiamo decine, a volte centinaia di volte al giorno. Un’indagine condotta da IKEA nel 2023 ha rivelato che una persona su tre consulta lo smartphone più di 100 volte al giorno. E tra questi gesti apparentemente banali, molti riguardano proprio il bisogno di sapere che ora è.
Ma perché abbiamo così spesso la necessità di conoscere l’ora esatta? È solo una questione di efficienza oppure dietro questo comportamento si nasconde qualcosa di più profondo? Secondo la psicologia, questo gesto può essere legato ad ansia, bisogno di controllo, insoddisfazione personale o perfino a dinamiche sociali non dette.
La cronopatia: quando il tempo diventa un’ossessione
La cronopatia è una condizione sempre più diffusa nella società contemporanea, caratterizzata da un’ossessione per la gestione del tempo e dalla paura costante di sprecarlo. La psichiatra Marian Rojas Estapé, nel suo libro Cómo hacer que te pasen cosas buenas (2018), descrive questo fenomeno come un disturbo che può portare a sacrificare la salute mentale nella rincorsa a una produttività senza pause.
La convinzione che “chi è sempre impegnato produce di più” ha radici culturali forti, ma può generare effetti opposti a quelli desiderati: ansia, senso di colpa e incapacità di vivere il presente. Per chi soffre di cronopatia, anche solo guardare l’orologio diventa un rituale ansiogeno, un modo per misurare la propria “efficienza esistenziale”.
Guardare l’ora in continuazione: cosa significa davvero?
Controllare spesso l’orologio o il telefono può avere molti significati psicologici diversi. Non sempre è solo una questione di abitudine o di organizzazione. In certi casi, può diventare un vero e proprio comportamento compulsivo. Le interpretazioni più comuni includono:
- Ansia e gestione del tempo: chi vive in uno stato costante di preoccupazione tende a monitorare il tempo per non “perdere il controllo” della giornata. Questa pressione interiore può derivare da aspettative elevate, scadenze strette o semplicemente da una personalità ansiosa.
- Bisogno di controllo: sapere che ore sono permette di sentirsi più padroni della situazione. È un modo per gestire l’incertezza, per pianificare mentalmente il passo successivo, per non sentirsi “dispersi”.
- Noia e disimpegno: spesso si guarda l’ora quando non si è coinvolti in ciò che si sta facendo. In questi casi, controllare l’orario diventa un modo per evadere, per chiedersi “quanto manca” alla fine di un’attività poco gratificante.

Guardare l’orologio in presenza di altri: un messaggio implicito
In contesti sociali, il gesto di guardare l’orologio o il telefono assume un significato diverso. Non è più solo un gesto automatico, ma diventa una forma di comunicazione non verbale. Ecco alcune delle interpretazioni più frequenti:
- Impazienza o disinteresse: se durante una conversazione guardiamo ripetutamente l’orario, l’interlocutore potrebbe percepirlo come una mancanza di attenzione o un segnale che preferiremmo essere altrove.
- Segnale di cortesia: in altri casi, il gesto può indicare – senza dirlo esplicitamente – che il tempo a disposizione è limitato. È un modo indiretto, ma efficace, per far capire che si ha un impegno successivo o che la conversazione dovrebbe essere breve.
- Ansia anticipatoria: in attesa di un appuntamento o di un evento imminente, molte persone guardano l’orologio con frequenza crescente. Non per sapere l’ora, ma per “avvicinare” psicologicamente quel momento.
Quando il telefono sostituisce l’orologio (e diventa un rifugio)
In molti casi, il gesto di controllare l’ora è solo un pretesto per prendere in mano il cellulare. Dietro c’è un impulso ancora più forte: la dipendenza da smartphone. Questo comportamento è stato approfondito in diversi studi del Pew Research Center tra il 2022 e il 2024, che hanno evidenziato come l’uso compulsivo dello smartphone possa essere una strategia di evitamento emotivo. Uno dei grandi cambiamenti del 21esimo secolo, oggettivamente parlando.
Ogni volta che accendiamo lo schermo riceviamo una piccola dose di dopamina. Ci sentiamo connessi, stimolati, meno soli. E controllare l’orario diventa una scusa per tenere il dispositivo a portata di mano. In questi casi, il problema non è l’orologio, ma il bisogno di distrazione continua e la difficoltà a restare presenti nel qui e ora.
Il tempo come simbolo: riflessione, significato e insoddisfazione
Possono entrare in gioco anche dinamiche filosofiche. Per alcune persone, guardare spesso l’ora non è solo una questione di ansia o di controllo. È anche un modo per misurare la propria esistenza. Si percepisce il tempo come una risorsa limitata, come qualcosa che scorre troppo in fretta. Ogni minuto diventa prezioso, ogni ora sprecata una piccola sconfitta. Quando si vive una fase di insoddisfazione personale, il tempo sembra passare più lentamente. Guardare l’orologio diventa allora il simbolo di ciò che manca: gratificazione, scopo, realizzazione. Non è raro, inoltre, che si sviluppino comportamenti ripetitivi legati a schemi mentali. Un esempio è la tendenza a notare sempre le “doppie cifre” come 11:11. Si tratta del cosiddetto bias di conferma: il cervello seleziona solo le informazioni che confermano ciò che ci colpisce di più, ignorando il resto.
Quando preoccuparsi e cosa fare
Guardare spesso l’ora, da solo, non è un problema. Ma se questo gesto diventa compulsivo, genera ansia o interferisce con la qualità della vita, potrebbe essere il sintomo di un disagio più profondo. In questi casi è consigliabile parlarne con uno psicologo o uno psicoterapeuta. Esplorare le cause di questo comportamento può offrire spunti importanti per migliorare il proprio benessere. Il tempo non si ferma. Ma comprendere perché vogliamo controllarlo così spesso, può aiutarci a vivere con maggiore consapevolezza.
