Indice dei contenuti
Quando si parla di gruppi sanguigni e longevità, le curiosità si moltiplicano. Esiste davvero un collegamento tra il tipo di sangue e il modo in cui invecchiamo? La risposta, secondo ricerche scientifiche recenti, è: sì, ma con delle precisazioni importanti. Alcuni gruppi sanguigni sembrano offrire vantaggi statistici in termini di durata della vita e resistenza alle malattie. Al centro della discussione c’è il gruppo B, che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione degli studiosi per il suo potenziale legame con un invecchiamento più lento.
Il gruppo sanguigno B rallenta davvero l’invecchiamento?
Una delle scoperte più interessanti arriva da studi condotti in Asia orientale, in particolare da gruppi di ricerca giapponesi e cinesi, che hanno analizzato la distribuzione dei gruppi sanguigni in popolazioni longeve. Il gruppo B è risultato particolarmente rappresentato tra gli anziani con più di 90 anni. Secondo uno studio pubblicato sull’Asian Pacific Journal of Tropical Biomedicine, questo gruppo mostra un’elevata efficienza nei processi di riparazione cellulare e di rigenerazione dei tessuti, oltre a una certa adattabilità metabolica in età avanzata.
Il dato non implica però che chiunque abbia il gruppo B vivrà più a lungo degli altri. Gli scienziati della Tohoku University ricordano che la longevità dipende solo per il 20-25% dalla genetica, mentre il resto è legato a stile di vita, ambiente e alimentazione. Il gruppo sanguigno può influire, ma non agisce da solo.
O, A, B o AB: quali rischi per la salute?
Se il gruppo B appare promettente in chiave anti-invecchiamento, la ricerca scientifica in ambito medico ha identificato alcuni rischi più marcati per altri gruppi. Secondo uno studio pubblicato su eBioMedicine (gruppo The Lancet), le persone con gruppo sanguigno A, B o AB presentano un rischio di mortalità generale più alto del 9% rispetto a chi ha il gruppo O. E per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, la percentuale sale al 15%.
Non solo. Numerosi studi epidemiologici condotti in Europa e Nord America evidenziano una maggiore incidenza di tumori gastrici nelle persone con gruppo A e B. Il gruppo O, invece, mostra una resistenza più marcata a diverse patologie croniche. Questo spiegherebbe perché in molte coorti di centenari esaminate negli Stati Uniti e in Italia, il gruppo 0 risulta ampiamente rappresentato, in particolare tra gli uomini.
Cosa dicono i geni della longevità?
La scienza non si limita a guardare il gruppo sanguigno: ci sono geni specifici che sembrano giocare un ruolo cruciale nella nostra capacità di vivere a lungo e in salute. Uno dei più studiati è il FOXO3, associato a una maggiore resistenza allo stress ossidativo e a una ridotta incidenza di malattie croniche. Presenta variazioni genetiche che sembrano “prolungare” la giovinezza cellulare.

Un altro gene chiave è l’APOE: alcune sue varianti riducono il rischio di sviluppare Alzheimer e malattie cardiache. Tra i centenari, si osserva una maggiore frequenza di una forma protettiva del gene BPIFB4, che sostiene la salute cardiovascolare anche in età avanzata.
Nel panorama molecolare, meritano una menzione anche le sirtuine, molecole che aiutano le cellule a mantenere le loro funzioni riparative nel tempo. Altri due protagonisti del metabolismo e dell’invecchiamento sono IGF-1 (fattore di crescita insulino-simile) e mTOR, un regolatore cellulare che, se “modulato” correttamente, rallenta il deterioramento fisico legato all’età.
Lo stile di vita resta il fattore numero uno
Anche con un profilo genetico favorevole e un gruppo sanguigno potenzialmente protettivo, non c’è scampo: per vivere più a lungo servono comportamenti coerenti e salutari. Gli esperti dell’Università di Harvard e della University of California sono chiari: nutrizione, attività fisica, relazioni sociali e riposo hanno un impatto decisivo sull’aspettativa di vita.
In particolare:
- Un’alimentazione ricca di fibre, vegetali e grassi buoni supporta il microbiota e il sistema immunitario.
- Il movimento regolare riduce il rischio di malattie metaboliche e cardiovascolari.
- Relazioni affettive stabili proteggono dal declino cognitivo e migliorano l’equilibrio ormonale.
- Un sonno di qualità favorisce la rigenerazione cellulare e riduce l’infiammazione sistemica.
Infine, evitare fumo e ambienti altamente inquinati resta uno dei pilastri fondamentali per proteggere cuore, polmoni e cervello.
Gruppo sanguigno e carattere? Meglio evitarlo
Alcuni articoli divulgativi tendono ad associare i gruppi sanguigni a tratti caratteriali. In particolare, al gruppo B vengono attribuite caratteristiche come maggiore sensibilità e bisogno di affetto. Tuttavia, la comunità scientifica non riconosce alcuna base solida per questo tipo di associazioni. Non esistono studi controllati che colleghino in modo affidabile il carattere alla biologia del sangue. Si tratta piuttosto di speculazioni diffuse nella cultura pop, soprattutto in Giappone e Corea del Sud. In alcuni - non tutti - luoghi di lavoro giapponesi, viene chiesto di indicare il gruppo sanguigno nel Curriculum Vitae.
La personalità dipende da una combinazione complessa di fattori, tra cui educazione, ambiente, esperienze di vita e predisposizione genetica. Cercare di spiegare il comportamento umano partendo dal gruppo sanguigno rischia di semplificare eccessivamente una questione ben più articolata.
