In Liguria c'è un borgo meraviglioso capace di trasportarti in un dipinto: ecco cosa vedere e perché.
C’è un punto preciso nella Liguria di Ponente dove il tempo pare essersi fermato, cristallizzato tra archi medievali, muri in pietra viva e scorci da pittura en plein air. Questo luogo si chiama Dolceacqua, ed è molto più di un semplice borgo: è una visione, un’opera d’arte naturale e architettonica che incanta chiunque vi metta piede. Non a caso, Claude Monet nel 1884, durante un viaggio in Riviera, ne fu talmente affascinato da dipingere quello che oggi è diventato il simbolo stesso del paese: il ponte romanico a schiena d’asino, che collega le due anime di Dolceacqua con grazia e armonia.
Monet scrisse in una lettera che “il luogo è superbo, vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza”. E a guardarlo oggi, con il castello dei Doria sullo sfondo e il fiume che scorre placido sotto l’arco in pietra, si ha davvero l’impressione di trovarsi all’interno di uno dei suoi quadri. La luce che accarezza la pietra, i riflessi sull’acqua, le ombre tra i caruggi: tutto a Dolceacqua sembra vivere in bilico tra realtà e suggestione artistica.

Tra storia, mistero e poesia: il cuore medievale del borgo
Entrare nel centro storico di Dolceacqua è come oltrepassare una soglia temporale. Si viene accolti da un reticolo di caruggi tortuosi, passaggi coperti e case costruite l’una sull’altra, che sembrano sorreggersi per incanto. Le strade si stringono, si arrampicano, si aprono all’improvviso su piazzette segrete o scorci di verde che si insinuano tra le pietre antiche. In alto, come un guardiano silenzioso, il Castello dei Doria veglia sul borgo con le sue torri merlate e i suoi secoli di storia. Visitandolo, si ha la sensazione di toccare con mano la memoria del luogo: leggende di fantasmi, sale in rovina che ospitano mostre d’arte contemporanea, terrazze panoramiche da cui scorgere l’intero intreccio del paese fino alle prime colline coltivate a vigneto.
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Ma Dolceacqua non è solo immagine. È anche sapori, riti e gesti antichi. È il profumo della focaccia appena sfornata, il tintinnio dei calici riempiti con il celebre Rossese di Dolceacqua DOC, il vino rosso che nasce da queste colline assolate e che custodisce in ogni sorso la forza della terra e la delicatezza dell’artigianato contadino. A ogni angolo di Dolceacqua si ha la sensazione di essere osservati da secoli di storie, da artisti e viaggiatori che, prima di noi, hanno percorso quei vicoli e si sono fermati a contemplare la bellezza autentica. Che si tratti della chiesa di Sant’Antonio Abate, scrigno d’arte sacra con il polittico di Ludovico Brea, o delle piccole botteghe artigiane nascoste tra le mura, tutto qui contribuisce a un’esperienza che non si dimentica facilmente.
