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Alejandro Mesa, insegnante spagnolo trasferitosi in Irlanda da oltre sei mesi, ha acceso un acceso dibattito sui social dopo aver denunciato una pratica lavorativa molto comune nel paese: offrire un premio economico ai dipendenti che non si assentano mai (e per mai intendiamo mai) dal lavoro per malattia durante l’anno. Una misura che, a detta sua, nasconde più rischi che benefici.
Un voucher da 500 euro per non ammalarsi
La segnalazione arriva da un video pubblicato sul profilo TikTok di Mesa, dove racconta l’episodio con tono diretto: “Mi hanno detto: Alejandro, se fino al 31 dicembre non prendi neanche un giorno di malattia, ti diamo un buono da 500 euro da spendere in un centro commerciale qui vicino la scuola”. Un incentivo apparentemente allettante, soprattutto a ridosso delle festività natalizie, che però l’insegnante considera profondamente sbagliato.
Nel suo racconto, Mesa spiega chiaramente il problema: “Cosa succede se un giorno hai la febbre ma decidi di andare comunque a lavorare per non perdere il bonus? Questo non è un premio, è una pressione psicologica mascherata”. Il rischio, secondo lui, è che si spinga la gente a lavorare anche in condizioni precarie, mettendo a repentaglio la propria salute e quella degli altri.
Una forma di pressione, non un beneficio
In Irlanda, questo tipo di bonus viene chiamato voucher e fa parte del pacchetto di benefit aziendali offerti da alcune imprese. Alejandro non è contrario a tutti i benefit: cita come esempi positivi i giorni di ferie extra legati all’anzianità o i buoni da 20 euro per il compleanno. Ma il voucher da 500 euro legato all’assenza di malattie, secondo lui, va davvero oltre.

“Ammalarsi non è una scelta”, ribadisce Mesa nel video. “Non scegli di prenderti l’influenza. E lavorando con i bambini, che sono una continua fonte di virus, diventa quasi impossibile evitare di prenderla almeno una volta all’anno”. Il suo video, condiviso sul profilo TikTok @buenosdiasporcierto, ha totalizzato migliaia di visualizzazioni e ha dato il via a un’ondata di commenti da parte di utenti che si riconoscono nelle sue parole.
“E se hai davvero bisogno di quei soldi?”
Mesa solleva anche una questione sociale: “E se una persona ha bisogno di quei 500 euro per arrivare a fine mese? Magari si presenta al lavoro anche con l’influenza pur di non perdere il bonus. Ma se poi ha un incidente o contagia qualcun altro?” Il problema, quindi, non è solo etico ma anche sanitario. Costringere indirettamente un lavoratore a scegliere tra salute e denaro è, secondo il professore, una strategia pericolosa che dovrebbe far riflettere sia i datori di lavoro che le istituzioni.
Il discorso di Mesa si inserisce in un contesto più ampio, quello della salute mentale e fisica sul posto di lavoro, sempre più al centro del dibattito pubblico, soprattutto dopo la pandemia. L’idea che la produttività debba venire prima del benessere personale inizia a mostrare crepe evidenti.
La cultura del lavoro e il mito del “non ammalarsi mai”
Secondo quanto riportato dal quotidiano The Irish Times, alcune aziende irlandesi giustificano questi bonus con l’obiettivo di ridurre il tasso di assenteismo. Ma per molti lavoratori, come Alejandro, il risultato è l’esatto opposto: creare ansia, senso di colpa e pressione continua.
“Questo tipo di sistema finisce per penalizzare chi si comporta onestamente. Mi sembra più un modo indiretto per controllare che per premiare chi lavora tanto”, spiega l’insegnante. “Chi ha davvero bisogno di riposarsi per guarire si trova costretto a scegliere tra la propria salute e un incentivo economico. La verità? A me non piace per niente”. Molti utenti sui social gli danno ragione: la salute non dovrebbe mai essere una variabile su cui scommettere. Altri, però, difendono la misura, sostenendo che aiuti a responsabilizzare i dipendenti e a evitare abusi. La questione è che o tutto o niente: un solo giorno di malattia fa perdere il beneficio. Il dibattito resta acceso.
Il messaggio finale di Mesa è chiaro: “Non si tratta di vietare i premi, ma di chiedersi se davvero servano ai lavoratori o solo alle aziende”. La riflessione tocca un nervo scoperto nel mondo del lavoro nel secondo paese europeo più ricco al mondo per PIL pro-capite: quello del confine tra incentivo e manipolazione.
