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Non capita tutti i giorni di trovare un cucchiaio conficcato tra colonne romane con più di 2000 anni di storia. Eppure a Jerash, l’antica città romana in Giordania, questo dettaglio curioso attira da anni l’attenzione dei visitatori. La scoperta è stata rilanciata dalla content creator Katie Caf, che ha mostrato sui social come un semplice cucchiaio sia in grado di rivelare un fenomeno che a prima vista potrebbe sembrare invisibile: le colonne non sono immobili, ma vibrano lentamente da secoli.
Le colonne romane che sembrano respirare
Chi si trova davanti al Tempio di Artemide a Jerash potrebbe credere che le possenti colonne siano ferme e inamovibili. In realtà, osservandole con attenzione, si scopre che non sono mai completamente statiche. Katie Caf lo ha dimostrato mostrando un cucchiaio posto da decenni in una fessura tra due tamburi della colonna: l’oggetto, pur essendo apparentemente fermo, vibra in modo quasi impercettibile. Insomma, altro che "dormire come una pietra", come recita l'espressione idiomatica inglese: qui la pietra è 'viva', a suo modo.
Non si tratta di un’illusione ottica. Alcuni turisti raccontano di aver infilato la mano nello spazio tra i blocchi e di aver percepito la colonna tremare, come se respirasse. L’esperienza, che può sembrare suggestiva e perfino inquietante, ha in realtà una spiegazione precisa, che affonda le radici nell’ingegneria romana.
Perché le colonne di Jerash vibrano
Il segreto sta nel modo in cui gli antichi Romani costruivano queste strutture. Le colonne di Jerash non sono ricavate da un unico blocco di pietra, bensì da tamburi sovrapposti, incastrati senza l’uso di malta o di elementi metallici. Questo sistema a incastro, basato solo sul peso e sulla perfetta lavorazione delle superfici, permette un lieve gioco elastico. Così, quando soffia il vento o quando la struttura riceve uno stimolo esterno, la colonna vibra.
Queste oscillazioni impercettibili non compromettono la stabilità. Al contrario, sono proprio ciò che ha consentito alle colonne di resistere per secoli a scosse telluriche e intemperie. Le guide locali spesso invitano i visitatori a testare personalmente questa caratteristica, inserendo un cucchiaio o un piccolo oggetto metallico tra le fessure: lo strumento trema, dimostrando il fenomeno in modo immediato.
Il cucchiaio come prova del movimento perpetuo
Il cucchiaio incastrato nelle colonne non è quindi un gesto casuale o una trovata moderna, ma uno strumento didattico e turistico che rivela un aspetto nascosto dell’architettura antica. L’oggetto non rovina in alcun modo la pietra, ma funge da segnalatore visivo di un fatto che, altrimenti, sfuggirebbe all’occhio nudo. Potremmo citare fuori contesto la massima “Eppur si muove” attribuita a Galileo Galilei, sottolineando come anche ciò che appare immobile possa in realtà essere in costante movimento.

Molti visitatori raccontano di aver provato un’emozione particolare nel constatare che, dopo duemila anni, le colonne non hanno perso vitalità. Quasi come se la città antica, pur ridotta a rovine, continuasse a pulsare attraverso queste vibrazioni silenziose.
Un’eredità ingegneristica che dura nei secoli
Le colonne romane di Jerash rappresentano un perfetto esempio di ingegneria resiliente. La loro capacità di oscillare leggermente senza crollare dimostra quanto fosse avanzata la conoscenza costruttiva dei Romani. Mentre molte altre architetture antiche non hanno resistito al tempo e ai terremoti, il sistema modulare dei tamburi ha permesso a Jerash di conservarsi fino a oggi come uno dei siti romani meglio preservati fuori dall’Europa.
Il cucchiaio incastrato, dunque, non è solo una curiosità turistica. È la prova tangibile di come l’architettura romana non sia mai stata rigida, ma capace di adattarsi e reagire alle forze della natura. Una lezione di stabilità e ingegno che continua ad affascinare viaggiatori, studiosi e appassionati di storia.
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