Perché il latte 'calma' il piccante mentre l'acqua no? La risposta, secondo la scienza

Capita a tutti: un boccone contenente peperoncino, la bocca prende fuoco e, d’istinto, afferriamo un bicchiere d’acqua. Risultato? Il bruciore non passa, a volte peggiora. Al contrario, un sorso di latte o un pezzetto di formaggio spegne l’incendio. Non è un mito da cucina: lo spiegano biochimica, neurofisiologia e studi controllati. Su Instagram lo ha fatto la biologa spagnola Laura Pinillas González (nota su Instagram come cellu.lau).

Piccante non è un sapore: entra in gioco il recettore TRPV1

Piccante non rientra nei gusti classici (dolce, salato, acido, amaro, umami). Quella fiamma in bocca nasce da una sensazione dolorosa/termica mediata da un canale ionico: TRPV1 (Transient Receptor Potential Vanilloid 1). La capsaicina, molecola chiave dei peperoncini, si lega a TRPV1 sulle terminazioni dei neuroni sensoriali e il cervello interpreta il segnale come bruciore. Il circuito è lo stesso che risponde al calore intenso: per questo avvertiamo calore anche a temperatura ambiente quando mangiamo piccante.

Acqua vs capsaicina: perché “non si sopportano”

La capsaicina è lipofila e mostra scarsa solubilità in acqua. Tradotto: l’acqua non la scioglie e non la rimuove dai recettori; anzi la trascina in giro per lingua e mucose, ampliando l’area di contatto e la sensazione di bruciore. Le evidenze arrivano dalla chimica degli alimenti e da lavori che tentano di incapsulare o veicolare la capsaicina proprio perché poco solubile in mezzi acquosi.

Perché il latte funziona: il ruolo “detergente” della caseina (e non solo)

Il latte contiene caseina, una famiglia di proteine organizzate in micelle con ampie zone idrofobiche. Queste regioni si comportano come minuscoli “abbracciatori” di molecole grasse: catturano la capsaicina, la inglobano e la allontanano dai recettori TRPV1. È un effetto tipo sapone su una padella unta, ma in versione proteica.

Non è solo teoria. In prove controllate su volontari, latte intero e latte scremato hanno ridotto la sensazone di bruciore da capsaicina meglio dell’acqua e più a lungo nel tempo; anche bevande zuccherate hanno dato un sollievo intermedio, ma nessuna ha eguagliato la performance del latte. In risciacqui orali sperimentali, soluzioni ricche di micella di caseina hanno diminuito la sensazione di bruciore già dopo un minuto rispetto all’acqua.

La capsaicina non è idrosolubile, per cui l'acqua non combatte la sensazione di piccante.
La capsaicina non è idrosolubile, per cui l'acqua non combatte la sensazione di piccante.

E la percentuale di grasso? L’evidenza suggerisce che la presenza di proteine conta quanto — e talvolta più — del grasso: in diversi test latte intero e scremato si sono comportati in modo simile; proteine non caseiniche e zuccheri contribuiscono comunque a mitigare il bruciore. La temperatura e la viscosità della bevanda possono modulare ulteriormente l’effetto.

Che cosa scegliere a tavola: latte, yogurt, formaggi e… cosa evitare

Se il piatto scotta, punta a latticini ricchi di proteine: latte (anche scremato), yogurt denso, formaggi freschi. Funzionano perché offrono caseina in quantità e una matrice adatta a “intrappolare” la capsaicina. Birre leggere o acqua frizzante non bastano; l’alcol ad alta gradazione scioglierebbe la capsaicina, ma non rappresenta una soluzione pratica né salutare durante il pasto quotidiano. Gli studi comparativi collocano l’acqua all’ultimo posto per efficacia.

Consiglio operativo: fai sciacqui lenti con il latte, tienilo in bocca qualche secondo e poi deglutisci; ripeti se serve. Con salse piccantissime, affianca al piatto un latticino a cucchiaio o un formaggio grasso e proteico: l’abbinamento gastronomico diventa anche una piccola mossa di pronto soccorso.

Tolleranza al piccante: abitudine, cultura e genetica

Non reagiamo tutti allo stesso modo. L’espressione e la sensibilità del recettore TRPV1 variano tra individui; insieme all’abitudine (esposizione ripetuta), spiegano perché alcune popolazioni convivono da secoli con peperoncini molto piccanti e riferiscono meno fastidio. La letteratura su TRPV1 supporta un ruolo biologico reale, mentre l’esperienza quotidiana dimostra che la tolleranza si allena: chi consuma regolarmente cibi piccanti, nel tempo, riferisce meno bruciore e spesso più piacere nell’effetto sensoriale complessivo.

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