È vero che tutte le specie invasive di insetti vengono dall'Asia? La risposta dell'esperto

Quando leggiamo di specie invasive, spesso i giornali puntano il dito contro l’Asia. Non è raro trovare riferimenti al calabrone asiatico, alla cimice asiatica, al punteruolo rosso della palma o (in tempi passati) alla coccinella arlecchino. La globalizzazione ha favorito gli scambi commerciali e culturali, ma ha anche portato con sé conseguenze inattese: animali e piante che per secoli hanno vissuto in un ecosistema circoscritto si sono ritrovati a colonizzare territori lontani. Alcuni si sono adattati, altri no, altri ancora hanno distrutto habitat interi. Basti pensare al caso clamoroso dei gatti introdotti in Australia dai colonizzatori: hanno sterminato numerose specie locali e hanno dato vita a una nuova varietà selvatica tanto aggressiva da costringere il governo ad abbatterne migliaia ogni anno.

Non solo Asia: anche l’America esporta specie invasive

L’idea che le specie invasive arrivino solo dall’Asia non regge alla prova dei fatti. Lo ha spiegato Michael McBride, esperto di flora e fauna noto su TikTok come @idea.soup. L’ecologo statunitense ha sottolineato come molti casi drammatici siano nati proprio dal continente americano. Esempi di grande impatto vengono ricordati ancora oggi dagli studiosi di biodiversità.

Il cactus Prickly Pear: un’apocalisse verde in Australia

Il prickly pear cactus, ovvero il fico d’India, originario delle Americhe, ha rappresentato una vera catastrofe ecologica in Australia. Questa pianta spinosa, portata inizialmente come ornamentale e per creare siepi naturali, si è diffusa con una rapidità impressionante. Ha ricoperto superfici paragonabili all’estensione del Colorado, costringendo molte famiglie a lasciare le proprie fattorie perché i terreni erano ormai invasi. Per fermarne l’avanzata, furono introdotti degli insetti specifici che si nutrivano del cactus. Tuttavia, anche queste falene, seppur efficaci, sono diventate invasive, generando un nuovo squilibrio ambientale.

Pesci, scoiattoli e meduse: altre invasioni americane

Un altro esempio citato da McBride è il largemouth bass, conosciuto come persico trota. Questo pesce, molto apprezzato per la pesca sportiva, è diventato una minaccia in paesi come il Giappone, dove ha decimato le popolazioni di pesci nativi più piccoli. L’introduzione volontaria per fini economici si è trasformata in un grave danno ecologico.

La lista prosegue con gli scoiattoli americani. A differenza di quelli europei, più piccoli e caratterizzati dal mantello rosso, gli scoiattoli provenienti dal Nord America dal manto marrone sono più grandi, più adattabili e soprattutto portatori della squirrelpox, un virus letale per le popolazioni europee. Questo squilibrio ha già compromesso seriamente la sopravvivenza degli scoiattoli rossi in molte aree del continente.

Gli scoiattoli che vediamo nei parchi europei non sono nativi dell'Europa: se scuri, sono i discendenti di quelli americani
Gli scoiattoli che vediamo nei parchi europei non sono nativi dell'Europa: se scuri, sono i discendenti di quelli americani

Non meno devastante è la vicenda della medusa chiamata comb jellyfish (traduzione letterale: pettine), la cosiddetta mnemiopsis leidyi. Questa medusa trasparente non punge, e per questo sembrava innocua. In realtà, nel Mar Nero ha divorato gran parte dello zooplancton, privando di cibo molte specie di pesci. Le conseguenze economiche sono state disastrose: i danni alla pesca sono stati stimati in oltre 350 milioni di dollari.

La ragweed e i problemi di allergia in Europa

Tra le specie invasive più fastidiose per l’uomo c’è la ragweed, conosciuta anche come ambrosia. Importata accidentalmente dall’America, questa pianta ha trovato in Europa un ambiente ideale. La sua diffusione ha aumentato notevolmente le allergie stagionali, diventando un vero problema di salute pubblica. Ogni primavera, milioni di persone soffrono a causa dei suoi pollini.

Il caso recente del granchio blu

Non bisogna dimenticare un’altra specie di cui si è parlato molto negli ultimi anni: il granchio blu. Originario delle coste atlantiche americane, ha raggiunto il Mediterraneo probabilmente attraverso le navi mercantili. Oggi rappresenta una delle maggiori minacce per l’ecosistema marino e per la pesca tradizionale, dal momento che divora molluschi e crostacei locali. La sua presenza dimostra che il problema delle specie invasive non può essere ricondotto soltanto all’Asia, ma riguarda tutti i continenti.

Specie invasive: un problema globale

Gli esempi raccolti mostrano che non esiste un’unica “regione colpevole”. Le specie aliene invasive arrivano da più parti del mondo e diventano pericolose quando trovano condizioni favorevoli lontano dal loro habitat d’origine. Dall’Asia all’America, passando per l’Europa, la sfida è globale. La lezione è chiara: ogni ecosistema è fragile e introdurre nuove specie, volontariamente o per errore, può generare conseguenze imprevedibili e spesso disastrose.

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