Scozia, italiana sostiene un colloquio di lavoro e avverte: "Le fregature esistono anche all'estero"

Michelle Torrusio, content creator italiana che vive in Scozia dal settembre 2020, ha raccontato una recente esperienza lavorativa che ha attirato l’attenzione di molti utenti online. Trasferitasi nel pieno della pandemia per motivi universitari, Michelle ha deciso di restare a vivere nel Regno Unito, costruendo una nuova vita e una relazione stabile. Tuttavia, nonostante la reputazione positiva dei paesi del Nord Europa in termini di opportunità e diritti dei lavoratori, la giovane ha voluto sfatare un mito molto diffuso: anche all’estero esistono offerte di lavoro poco trasparenti e datori pronti a sfruttare le persone.

Dal trasferimento in Scozia alla ricerca di un impiego stabile

Dopo quasi cinque anni in Scozia, Michelle ha iniziato a cercare un impiego a tempo pieno. La ragazza ha raccontato che, tra le diverse candidature, si è imbattuta in un annuncio potenzialmente promettente: 50 ore settimanali per una retribuzione dichiarata tra le 30.000 e le 32.000 sterline annue. A prima vista, la proposta sembrava interessante, soprattutto per chi sogna di stabilizzarsi professionalmente in un paese con un costo della vita elevato come il Regno Unito.

Tuttavia, proprio sulle condizioni contrattuali si è aperto un grande punto interrogativo e sono emerse delle oggettive scorrettezze. In Scozia, dove la settimana lavorativa media tende a ridursi rispetto a quella italiana e molti uffici restano chiusi il venerdì, le 50 ore settimanali appaiono già insolite. Ma ciò che ha fatto scattare l’allarme è stata la paga reale proposta durante il colloquio: 25.000 sterline annue, ben al di sotto delle cifre indicate nell’annuncio.

Il nodo del salario minimo nel Regno Unito

Michelle non si è fermata alla prima impressione e ha voluto fare i conti. Nel Regno Unito, il minimum wage è fissato a 12,21 sterline l’ora nel 2025. Con 25.000 sterline annue per 50 ore settimanali, lo stipendio si sarebbe tradotto in circa 10 sterline orarie, quindi sotto il limite legale. Persino l’offerta “migliorata” di 28.000 sterline, arrivata dopo la sua obiezione, non avrebbe rispettato del tutto gli standard, fermandosi poco sopra gli 11 pound l’ora.

Calcolatrice alla mano, la retribuzione promessa di 30.000 sterline sarebbe stata appena in linea con la legge, mentre i 32.000 pound equivalgono grosso modo a un solo pound in più del minimo orario. Un divario troppo sottile, soprattutto se si considera che il ruolo prevedeva numerose responsabilità normalmente associate a figure manageriali.

Dal confronto alla chiusura: il rifiuto inatteso

Dopo aver chiesto chiarimenti sulla discrepanza salariale, Michelle si è vista respingere la candidatura con la motivazione di “non avere abbastanza esperienza”. Una risposta che potrebbe sembrare plausibile, ma che arriva proprio subito dopo la sua richiesta di spiegazioni. Non solo non ha ricevuto ulteriori dettagli sulla questione del salario, ma ha percepito un chiaro segnale: la sua richiesta di trasparenza non era gradita.

Michelle, italiana che vive in Scozia, ha raccontato che un colloquio di lavoro sostenuto qui è stato poco trasparente e le confermato che gli  imprenditori non del tutto onesti esistono anche fuori dall'Italia.
Michelle, italiana che vive in Scozia, ha raccontato che un colloquio di lavoro sostenuto qui è stato poco trasparente e le confermato che gli imprenditori non del tutto onesti esistono anche fuori dall'Italia.

La giovane ha spiegato che questo episodio le ha ricordato dinamiche già viste in Italia: annunci con stipendi apparentemente alti, condizioni di lavoro pesanti e ruoli che includono mansioni ben oltre quanto giustificato dalla paga. Inoltre non ha voluto specificare alcun dettaglio sul lavoro e sull'azienda, per evitare fastidi, avendone parlato pubblicamente.

Il mito del lavoro sicuro all’estero

Con la sua testimonianza, Michelle ha voluto smontare un pregiudizio radicato: l’idea che lavorare all’estero significhi sempre trovare occupazioni ben retribuite, sicure e rispettose dei diritti. Anche in Scozia, così come in altri paesi europei, esistono aziende che offrono contratti borderline, al limite del legale o addirittura fuori norma.

“Pagano il minimo e ti caricano di responsabilità che non spettano al ruolo” – ha commentato. Le sue parole invitano chiunque sogni un’esperienza professionale fuori dall’Italia a prestare la massima attenzione, informarsi bene sul mercato del lavoro locale e calcolare ogni dettaglio delle offerte, senza farsi abbagliare da stipendi che, a una prima occhiata, possono sembrare alti.

La lezione di un’esperienza

L’episodio di Michelle non vuole scoraggiare chi desidera intraprendere un percorso lavorativo all’estero, ma piuttosto offrire un quadro realistico. Le “fregature” non conoscono confini e il mito dell’eldorado professionale fuori dall’Italia non corrisponde sempre alla realtà. Anzi, il consiglio che emerge è semplice: verificare, chiedere e non avere paura di fare domande dirette, perché solo così si può evitare di cadere in trappole contrattuali.

Lascia un commento