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Capita a molti: dieci selfie scattati, nessuno convincente e nessun post o Storia su Instagram per ricevere qualche 'cuoricino'. Un dettaglio fuori posto, un’ombra di troppo o un’espressione che “non sembra la nostra”. Non è solo una questione di autostima o di filtri, ma di fisica e percezione visiva. A spiegarlo è il fisico italiano Riccardo Azzali, che ha mostrato come la distorsione ottica delle fotocamere dei nostri smartphone alteri la forma del viso. E il risultato, inevitabilmente, ci sembra meno bello di quello che vediamo allo specchio.
Selfie e specchio: due mondi diversi
Quando ci guardiamo allo specchio, osserviamo un volto familiare. È la nostra versione “inversa”, quella che il cervello ha imparato a riconoscere sin dall’infanzia. Davanti alla fotocamera, però, qualcosa cambia: l’immagine non è ribaltata, e la lente con cui viene catturata introduce piccole deformazioni. Il dottor Azzali mostra due fotografie apparentemente identiche: nella prima, scattata con un obiettivo da 24 mm (tipico degli smartphone), il viso appare più largo e il naso più pronunciato; nella seconda, realizzata con un obiettivo da 200 mm, le proporzioni tornano armoniose, quasi identiche a quelle riflesse nello specchio.

Il motivo è semplice: con una lente grandangolare da 24 mm occorre avvicinarsi molto al soggetto per riempire l’inquadratura. Questo avvicinamento produce una distorsione prospettica, che altera i rapporti tra le parti del volto. Ecco perché ci sentiamo “sbagliati” nelle foto frontali scattate da vicino: non siamo davvero noi, ma una versione deformata dalla fisica delle lenti.
La psicologia della familiarità: ci piace ciò che conosciamo
Non è solo questione di ottica. Il fotografo e creator Jobillari ha riacceso il dibattito su TikTok con un video diventato virale, in cui affronta il tema da un punto di vista psicologico. La risposta, in parte, si trova nel principio di familiarità, teorizzato dallo psicologo Robert Zajonc negli anni ’60. Secondo questo concetto, tendiamo a preferire ciò che vediamo più spesso: oggetti, volti, paesaggi o, appunto, la nostra immagine riflessa.
Durante tutta la vita osserviamo il nostro volto attraverso uno specchio, quindi lo percepiamo come “giusto”. Quando una fotocamera ci mostra la versione reale, invertita rispetto a quella riflessa, il cervello fatica a riconoscerla come familiare. È come se vedessimo un gemello che ci somiglia ma non siamo noi. Da qui nasce la sensazione di estraneità che accompagna molti selfie.
Quando la lente cambia tutto: la fisica dell’immagine
Gli smartphone moderni utilizzano lenti grandangolari per catturare quanta più scena possibile in spazi ridotti. Tuttavia, questa tecnologia comporta conseguenze visive importanti. Gli oggetti più vicini al centro dell’immagine vengono “spinti in avanti”, mentre quelli ai bordi si allargano. In un selfie, il naso occupa la zona centrale e finisce per sembrare più grande del normale, mentre il resto del viso appare leggermente compresso. È un effetto misurabile e ben noto nella fotometria.
I fotografi professionisti conoscono bene il fenomeno e per questo, nei ritratti, utilizzano obiettivi a focale più lunga. L’effetto finale è più piatto, realistico e vicino alla percezione che abbiamo allo specchio. Da qui la sensazione, confermata da Azzali, che “piacciamo di più” quando siamo ripresi da lontano o con un teleobiettivo.
Specchio, fotocamera e cervello: una questione di prospettiva
La spiegazione di questo paradosso unisce fisica, ottica e psicologia cognitiva. Il cervello elabora l’immagine riflessa come un punto di riferimento stabile e rassicurante. Ogni deviazione da quel modello — che sia una foto scattata da un’altra persona o un’inquadratura con una lente diversa — viene percepita come “sbagliata”. È un meccanismo automatico, che non ha nulla a che vedere con la vanità.
Persino i piccoli dettagli, come l’angolo di scatto o la luce laterale, possono modificare il modo in cui interpretiamo i tratti del volto. Per questo alcuni selfie sembrano “buoni” e altri “terribili”, anche se sono stati scattati a pochi secondi di distanza. Ogni variazione modifica la proporzione e l’ombra, cambiando la nostra percezione estetica.
Come scattare selfie più realistici (secondo la scienza)
Per ottenere un’immagine più vicina alla realtà, gli esperti consigliano alcuni accorgimenti semplici ma efficaci:
- Allontanare leggermente lo smartphone dal viso, anche di pochi centimetri.
- Usare una lente con focale più lunga, se disponibile (ad esempio la fotocamera “tele” degli smartphone di fascia alta).
- Evitare angolazioni troppo basse o troppo ravvicinate.
- Scattare con luce naturale e uniforme, preferibilmente laterale.
Non è una questione di “non fotogenicità”, ma di come la fisica delle lenti e la percezione cerebrale interagiscono con la nostra immagine. Capire questi meccanismi aiuta non solo a migliorare le fotografie, ma anche a guardarsi con più indulgenza: il volto che vediamo nei selfie non è sbagliato, è semplicemente diverso da quello che il cervello riconosce come “noi”.
@filosofiascienza Perché nei selfie non ci piacciamo 😮#scienza #fisica #divulgazione #stem #science ♬ suono originale - Riccardo Azzali
