In Giappone non gettano le bucce dell'anguria, ma le vendono al supermercato: il motivo

L’estate è ormai alle spalle e l’autunno ha portato con sé i primi cambi di stagione, anche alimentari, ma c’è un frutto che continua a evocare il sapore delle giornate calde: l’anguria. In Italia resta un simbolo dell’estate, ma anche una fonte di spreco enorme, almeno dal punto di vista di un giapponese. Ogni anno, infatti, tonnellate di bucce finiscono tra i rifiuti organici. In Giappone, invece, accade l’esatto opposto: le bucce d’anguria vengono vendute nei supermercati e considerate un ingrediente prezioso. Il motivo non è solo culturale, ma anche gastronomico e nutrizionale.

Perché in Giappone si mangia la buccia dell’anguria

La tradizione giapponese attribuisce grande valore alla parte bianca della buccia dell’anguria, quella che in Occidente viene scartata senza pensarci. Da decenni, in diverse regioni del Paese, questa parte viene utilizzata come ingrediente per piatti casalinghi e ricette tradizionali. È considerata una risorsa alimentare completa, ricca di vitamine A, B6 e C, minerali come potassio e magnesio, oltre a fibre e citrullina, un amminoacido che favorisce la circolazione sanguigna.

La buccia d'anguria in Giappone viene solo privata della parte verde, dopodiché è pronta per essere cucinata o mangiata. Credits: @japn.del.futuro - TikTok
La buccia d'anguria in Giappone viene solo privata della parte verde, dopodiché è pronta per essere cucinata o mangiata. Credits: @japn.del.futuro - TikTok

La Japan Food Research Laboratories ha confermato negli ultimi anni che la parte bianca dell’anguria possiede un contenuto antiossidante significativo e un basso indice glicemico, motivo per cui è sempre più presente anche nei menu salutistici di Tokyo e Osaka. Questa attenzione nasce da una lunga cultura della non-spreco alimentare, che in Giappone affonda le radici nel concetto di mottainai: non gettare ciò che può essere ancora utile o trasformato.

Dalla cucina casalinga ai ristoranti gourmet

Negli ultimi anni, la buccia dell’anguria (a cui viene tolta la parte verde) ha conquistato anche la cucina gourmet giapponese. Chef come Yoshihiro Narisawa o Shinobu Namae l’hanno inserita nei loro menu stagionali, trasformandola in tsukemono (verdure fermentate) o in condimenti croccanti per piatti di pesce e tofu. Nei ristoranti di Kyoto, la si trova anche come ingrediente principale nel piatto Suika no kawa no aemono, dove viene condita con sesamo tostato, salsa di soia e aceto di riso. Il risultato è una pietanza dal gusto fresco, leggermente dolce e con una nota amarognola che ricorda i cetrioli marinati.

Tocchetti di buccia d'anguria con salsa di soia e altri ingredienti. Credits: @japn.del.futuro - TikTok
Tocchetti di buccia d'anguria con salsa di soia e altri ingredienti. Credits: @japn.del.futuro - TikTok

Anche nei conbini, i famosi minimarket giapponesi aperti 24 ore su 24, è facile trovare confezioni già pronte di buccia d’anguria marinata o disidratata, proposta come snack o contorno veloce. Si tratta di un alimento di nicchia che, tuttavia, sta crescendo in popolarità grazie all’attenzione sempre maggiore verso la cucina sostenibile e a basso impatto ambientale.

Un gesto di sostenibilità e cultura alimentare

Oltre alla curiosità gastronomica, il consumo della buccia d’anguria riflette una filosofia di vita orientata al rispetto delle risorse. In un Paese che ha fatto della precisione e dell’equilibrio una vera e propria arte, ogni parte del cibo ha un valore. Il governo giapponese, attraverso campagne come Food Loss Challenge, promuove da anni la riduzione degli sprechi, invitando i cittadini a riutilizzare parti di frutta e verdura spesso scartate in Occidente.

Le scuole di cucina e i food blogger locali hanno contribuito a diffondere ricette creative, come il curry di buccia d’anguria con latte di cocco o la marmellata dolce preparata con la parte più chiara del frutto. Queste preparazioni non solo riducono gli sprechi, ma valorizzano un ingrediente povero, trasformandolo in qualcosa di gustoso e salutare.

Il contrasto con l’Italia e la lezione da imparare

In Italia, dove l’anguria è uno dei frutti estivi più consumati, la buccia continua a essere considerata un rifiuto. Eppure, alcune startup del settore agroalimentare stanno iniziando a sperimentarne il riutilizzo, ad esempio nella produzione di composte, sottaceti e farine vegetali. Il modello giapponese dimostra che la sostenibilità può partire anche da piccoli gesti quotidiani, come dare una seconda vita a ciò che normalmente finirebbe nell’umido.

Forse, tra qualche anno, potremmo trovare anche nei supermercati italiani delle confezioni di buccia d’anguria pronta da cucinare. Per ora, resta un’idea che unisce gusto, rispetto per l’ambiente e innovazione. E ricorda quanto la cultura alimentare giapponese continui a insegnare al mondo l’arte di non sprecare nulla, nemmeno la parte meno appariscente di un frutto estivo.

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