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Se chiedessimo a dieci persone di qualsiasi nazionalità qual è il paese che più di tutti desiderano visitare, almeno la metà di loro risponderebbe: "Giappone", senza esitare. Questa enorme popolarità ha un prezzo. Dopo anni di chiusura e restrizioni, il Paese ha registrato nel 2025 numeri record: oltre 30 milioni di arrivi stranieri nei primi nove mesi, con picchi mensili mai visti prima. Kyoto, una delle città più visitate del mondo, è diventata il simbolo di una crisi silenziosa: l’overtourism. Strade congestionate, quartieri residenziali invasi, servizi pubblici sotto pressione. Il governo giapponese ha deciso che non si può più aspettare e ha introdotto una misura destinata a cambiare per sempre il modo di fare turismo nel Paese.
Kyoto e il nuovo super-imposta sul turismo
Dal marzo 2026, Kyoto sarà autorizzata a far pagare fino a 10.000 yen a notte (circa 60 euro) ai visitatori che soggiornano negli hotel di lusso. Una cifra ben più alta rispetto al vecchio tetto di 1.000 yen. Il nuovo sistema, progressivo e calibrato in base alla fascia di prezzo dell’alloggio, mira a colpire principalmente il turismo di alta gamma, preservando le tariffe per chi viaggia con budget più contenuti. Il sindaco della città ha spiegato che l’obiettivo non è scoraggiare i visitatori, ma chiedere loro di contribuire ai costi sociali e ambientali che la loro presenza genera. I ricavi stimati – più del doppio rispetto al 2024, da 5,2 a 12,6 miliardi di yen – serviranno a finanziare infrastrutture, trasporti pubblici e iniziative per la convivenza tra turisti e residenti.
Dal caos alla sostenibilità urbana
Kyoto è un patrimonio vivente, ma la sua bellezza rischia di soffocare sotto il peso del successo. Nei quartieri più famosi, come Gion, alcune strade sono state chiuse ai visitatori e le autorità hanno introdotto sanzioni per chi scatta foto in aree private o disturba la vita quotidiana dei residenti. Le nuove entrate serviranno proprio a rafforzare questi sistemi di controllo e a finanziare progetti di sostenibilità urbana: più autobus ecologici, servizi multilingue, campagne di educazione al rispetto dei luoghi sacri e dei cittadini. Come ha dichiarato il Ministero del Turismo, l’intento non è “punire la domanda”, ma “trasformarla in risorsa”. Il turismo deve diventare parte della soluzione, non del problema.

Kyoto non è l'unica città giapponese che ha colpito il portafogli dei turisti. Da luglio di quest'anno, per salire sul sentiero Yoshida (il più frequentato per raggiungere la vetta) è obbligatorio pagare un ticket maggiorato solo per turisti stranieri, con contingentamento a 4.000 alpinisti al giorno. Provvedimento simile a Niseko (Hokkaido): le tariffe giornaliere degli impianti sciistici sono state aumentate sensibilmente per gli stranieri rispetto ai residenti giapponesi, destinando i fondi alla manutenzione ambientale e infrastrutturale.
Un modello che ispira il mondo
La misura giapponese non è isolata. In tutto il mondo, i governi stanno cercando di contenere gli effetti dell’overtourism con soluzioni più o meno drastiche. Venezia ha introdotto una tassa giornaliera di 5 euro per i visitatori giornalieri e limita i gruppi turistici a 25 persone. Ad Amsterdam e Barcellona le grandi navi da crociera non possono più attraccare nei porti centrali, mentre Malaga e Firenze hanno bloccato nuovi permessi per gli affitti turistici brevi.
In Thailandia, la celebre Maya Bay è rimasta chiusa per anni per permettere alla natura di rigenerarsi, e oggi solo pochi visitatori possono accedervi ogni giorno. Anche in Giappone, l’isola di Iriomote ammette un massimo di 1.200 persone al giorno per proteggere le specie endemiche. In alcuni casi, la tutela del patrimonio culturale passa perfino attraverso misure simboliche: vicino al Monte Fuji è stato installato uno schermo per nascondere un punto panoramico troppo affollato dagli influencer.
La lezione giapponese: pagare per preservare
Il caso di Kyoto è destinato a diventare un precedente internazionale. Invece di vietare o limitare, il Giappone introduce un principio di responsabilità condivisa: chi visita, contribuisce. Una logica che trasforma il turismo da “regalo economico” a sistema sostenibile, capace di finanziare ciò che consuma. Non si tratta di scoraggiare, ma di mantenere in equilibrio un ecosistema fragile che, senza controllo, rischia di collassare.
Il paradosso del successo è ormai evidente: quando i visitatori superano una certa soglia, il turismo smette di generare benessere e inizia a eroderlo. Kyoto lo ha capito per prima. La sua decisione potrebbe aprire una nuova era per il turismo globale, quella in cui viaggiare costa un po’ di più, ma serve a proteggere ciò che si ama davvero.
