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Il confine tra dedizione e ossessione per il lavoro è sempre più sottile. A parlarne è l’account TikTok @corporatecleanse, gestito da una donna esperta di dinamiche lavorative e relazioni professionali, che ha condiviso un video diventato virale in cui spiega i segnali che rivelano se un collega ha perso il contatto con la propria vita privata. Secondo l’esperta, basta osservarli per capirlo: “i segnali ci sono sempre”.
1. Quando il lavoro diventa un reality: i colleghi fissati con i drama da ufficio
Il primo segnale, secondo l’esperta, riguarda chi si concentra eccessivamente sui drama lavorativi. Sono quelle persone che conoscono alla perfezione ogni dettaglio delle tensioni interne: chi ha litigato con chi, chi ha parlato male dell'altro/a, chi è in buoni rapporti con i superiori, chi ha ricevuto un richiamo o chi sta cercando di farsi notare. Il loro comportamento ricorda quello del “padrone di casa” che deve controllare tutto.
Questi colleghi vivono l’ufficio come un microcosmo in cui ogni relazione diventa un episodio di una soap opera. Parlano dei rapporti professionali come se fossero questioni di vita o di morte, e spesso basano la loro autostima sull’essere amici dei dirigenti. Come ricorda @corporatecleanse: “La domanda che io pongo in questi casi è: ok, ma hai anche qualche amico?”.
2. Il culto della produttività: lavorano anche nei giorni liberi
Il secondo segnale è la incapacità di staccare. Ci sono persone che si rendono disponibili anche nei giorni di riposo, rispondono alle email la domenica o accettano chiamate durante le ferie. L’esperta ironizza: “Ti svelo un segreto: non sei un supereroe. Non c’è bisogno che tu ti renda disponibile anche quando non dovresti lavorare”.

Dietro questo comportamento, c’è spesso il timore di perdere il controllo o di non essere indispensabili. Tuttavia, vivere costantemente connessi al lavoro è un segnale chiaro di mancanza di equilibrio tra vita privata e professionale. “Esci, tocca l’erba, rimani a casa a rilassarti”, consiglia l’esperta, ricordando che la produttività reale nasce dal riposo, non dall’esaurimento.
3. Dormire poco non è un trofeo
Il terzo segnale riguarda chi si vanta di dormire poco, come se fosse una medaglia al merito. “Ho finito di lavorare alle 2 per completare quel progetto”, dicono con orgoglio, senza rendersi conto che non è un vanto ma un campanello d’allarme. “Questo significa cedere tutte le energie al proprio lavoro, vuol dire non sapere chi saresti se non lo facessi”, spiega @corporatecleanse.
Il mito del “lavorare 7 giorni su 7” ha reso normale sacrificare il sonno e il tempo libero, ma le conseguenze si pagano in termini di stress e burnout. Dormire bene e prendersi una pausa non sono segni di debolezza, ma strumenti per mantenere lucidità e creatività.
Quando il lavoro prende il posto della vita
Nei commenti al video, molti utenti hanno raccontato esperienze simili. C’è chi aggiunge un quarto segnale: “Chi si preoccupa in modo ossessivo se un collega arriva in ritardo o vuole sapere il perché di tutto”. Un’altra persona racconta: “Una collega voleva farmi pesare che ho sfruttato le ferie fino all’ultimo giorno. Ho famiglia e sono una persona estroversa, perché non dovrei farlo?”.
Queste testimonianze mostrano quanto sia diffuso il workaholism, l’eccessivo attaccamento al lavoro, spesso mascherato da senso del dovere. Ma il messaggio dell’esperta è chiaro: avere una vita fuori dall’ufficio non è un lusso, è una necessità. Coltivare passioni, amicizie e tempo per sé significa anche diventare professionisti più sereni e motivati. Perché, come ricorda @corporatecleanse, “nessuno ti darà una medaglia per aver risposto all’email del sabato sera, ma la tua salute mentale ti ringrazierà se impari a farlo lunedì mattina”.
