Ha scosso Venezia: stasera in tv il potente thriller italiano con Laura Chiatti

Stasera in tv c'è un potente thriller familiare che ha scosso alla Mostra del Cinema di Venezia: nel cast Marco Bocchi e Laura Chiatti.

Il film “La caccia”, in onda stasera in tv, è un dramma familiare intenso e carico di tensione psicologica. Diretto da Marco Bocci e uscito nel 2023, segna un nuovo passo nella carriera del regista umbro, che dopo “A Tor Bella Monaca non piove mai” torna dietro la macchina da presa con una storia che mescola dolore, rancore e istinto primordiale. È un film che non lascia indifferenti e che porta lo spettatore in un viaggio dentro le ferite di una famiglia segnata dalla violenza e dall’eredità emotiva di un padre ossessivo.

La vicenda ruota attorno a quattro fratelli, Luca, Giorgio, Mattia e Silvia, che si ritrovano dopo anni di silenzi e distanze. La morte del padre li costringe a rivedersi nella villa di famiglia, un luogo pieno di ricordi, ma anche di incubi. L’eredità lasciata dal genitore è solo quella casa, simbolo di un passato che nessuno di loro ha mai davvero superato. L’idea è venderla per spartirsi il ricavato, ma presto la realtà si complica. Il denaro è poco e ognuno dei fratelli si trova in una situazione difficile, tra problemi economici, debiti e fallimenti personali.

Stasera in tv il thriller familiare che ha scosso Venezia: un cast tutto italiano

Il film va in onda stasera, 4 novembre 2025, su Rai 5, intorno alle ore 21.10. Viste le difficoltà familiari, prende il via la proposta di Luca, interpretato da Filippo Nigro, il fratello più impulsivo e determinato. Vuole organizzare una vera e propria battuta di caccia, riprendendo la terribile tradizione imposta dal padre. La sfida è brutale ma chiara. Chi riuscirà a catturare la preda più grossa si aggiudicherà tutto. È un gioco crudele che rievoca l’infanzia dei protagonisti, segnata da umiliazioni, regole ferree e un amore distorto.

laura chiatti la caccia
Laura Chiatti in una scena del film in onda stasera in tv

Il film alterna passato e presente in un continuo intreccio di ricordi e ferite ancora aperte. La villa diventa una sorta di teatro dell’anima, un luogo dove riaffiorano colpe, rancori e confessioni mai dette. Silvia, interpretata da Laura Chiatti, è l’unica sorella del gruppo: una donna fragile ma forte, che ha combattuto contro la tossicodipendenza e cerca ora una forma di riscatto. Il suo sguardo rappresenta la parte più emotiva del racconto, un filo di umanità che si oppone alla brutalità della “caccia”.

Pietro Sermonti presta il volto a Mattia, il pittore introverso che vive lontano dal resto della famiglia, mentre Paolo Pierobon interpreta Giorgio, l’uomo schiacciato dalle responsabilità e da un matrimonio fallito. Sullo sfondo aleggia la figura del padre, interpretato da Peppino Mazzotta, autoritario e spietato, un uomo che ha cresciuto i figli come se fossero soldati, convinto che la vita sia una guerra dove vince solo il più forte.

La caccia come metafora del dolore

“La caccia” non è un film di azione, ma un dramma psicologico che usa la violenza simbolica per raccontare le cicatrici dell’animo. Ogni battuta di caccia è una metafora, un modo per affrontare i fantasmi del passato e scoprire quanto profonda possa essere la ferita lasciata da un genitore tossico. Bocci gioca con i toni del noir e del thriller, creando un’atmosfera cupa e sospesa, dove anche la natura diventa un personaggio. I boschi, i rumori, il silenzio: tutto contribuisce a costruire un clima di tensione che non si scioglie mai del tutto.

Il regista racconta la famiglia come un campo di battaglia. Non ci sono veri vincitori, solo sopravvissuti. La voce narrante femminile accompagna lo spettatore in un percorso che somiglia a una favola nera, dove l’amore e la crudeltà si confondono e i ruoli di vittima e carnefice cambiano di continuo. Bocci affronta con coraggio temi complessi come la violenza domestica, l’eredità emotiva dei traumi e il bisogno di liberarsi da un passato che continua a inseguire.

La fotografia, dai toni freddi e contrastati, amplifica la sensazione di disagio e isolamento. Ogni inquadratura sembra studiata per sottolineare il peso dei ricordi e la tensione tra i personaggi. Anche la colonna sonora contribuisce a rendere il film un’esperienza emotiva forte e disturbante, capace di lasciare un segno nello spettatore. Marco Bocci, come regista, dimostra di avere una visione autoriale precisa e un linguaggio cinematografico personale, capace di fondere realismo e allegoria. Il film è, in definitiva, un racconto amaro e potente sulla famiglia come gabbia, sulla difficoltà di perdonare e sulla rabbia che si tramanda di generazione in generazione.

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