Su Netflix c'è una nuova serie con la star di Squid Game: la storia di una donna che sceglie di essere forte e di ribellarsi, oltre che di mettere in atto un duro piano di vendetta.
La nuova serie Netflix “Non stare a guardare” è uno dei titoli più intensi e potenti del 2025. Si tratta di un thriller psicologico sudcoreano diretto da Lee Jung-rim, ispirato all’omonimo romanzo di Hideo Okuda. Fin dai primi episodi riesce a catturare lo spettatore con una tensione crescente e un racconto che scava nel dolore silenzioso di due donne, unite da un’amicizia profonda e da un segreto impossibile da dimenticare.
Su Netflix una nuova storia di ribellione e vendetta: nel cast la star di Squid Game
La protagonista Eun-su, interpretata da Jeon So-nee, è una donna apparentemente tranquilla ma segnata da un passato difficile. Accanto a lei c’è Hui-su, portata in scena da Lee You-mi. L'attrice è già amatissima dagli spettatori Netflix grazie al successo mondiale di Squid Game nel ruolo di Ji-yeong, anche conosciuta come la giocatrice numero 240. Ora, in questa nuova serie, Hui-su è una scrittrice di libri per bambini che nasconde un inferno domestico fatto di paure e abusi. Quando la violenza del marito Jin-pyo (Jang Seung-jo) diventa insostenibile, le due amiche decidono di reagire e di mettere in atto un piano estremo per liberarsi da quell’incubo.

Da quel momento, le loro vite cambiano per sempre. Il confine tra vittima e colpevole si fa sottile, e la serie mostra come la disperazione possa trasformarsi in coraggio, ma anche in ossessione. A dare ritmo e tensione alla trama è l’indagine del detective Noh Jin-young (Lee Ho-jung), che inizia a sospettare che dietro la scomparsa di Jin-pyo si nasconda qualcosa di oscuro. Nel frattempo, il personaggio di Jin So-baek (Lee Moo-saeng), proprietario di un negozio dal passato misterioso, entra nella vita di Eun-su e Hui-su diventando un alleato enigmatico e forse pericoloso.
“Non stare a guardare” è una serie che non lascia indifferenti. Parla di violenza domestica senza filtri e lo fa con una narrazione realistica, lontana dagli stereotipi. Mostra come il silenzio, la vergogna e la paura possano imprigionare le vittime, ma anche come la solidarietà femminile possa diventare una forma di resistenza. L’intreccio tra complicità, lealtà e senso di colpa accompagna ogni episodio, costruendo un racconto intenso che tiene lo spettatore sospeso fino alla fine.
Un cast che non lascia indifferenti
Il cast è uno dei punti di forza della serie. Jeon So-nee offre una performance misurata e dolorosa, capace di trasmettere tutta la fragilità e la determinazione del suo personaggio. Lee You-mi, invece, dà vita a una protagonista tormentata ma piena di umanità, confermando di essere una delle nuove stelle più promettenti della scena coreana. Anche Jang Seung-jo, nel ruolo del marito violento, riesce a rendere credibile un personaggio detestabile, che incarna il volto più oscuro della dipendenza e del controllo.
La regia di Lee Jung-rim gioca con le atmosfere e i silenzi, alternando momenti di calma apparente a improvvise esplosioni emotive. L’uso della luce e dei colori accentua la tensione, mentre la colonna sonora accompagna con discrezione la discesa delle protagoniste nel senso di colpa e nella paura di essere scoperte. Sebbene “Non stare a guardare” non condivida altri personaggi e attori con Squid Game, ne riprende lo stile e la forza visiva. Il tono cupo, la riflessione psicologica e il modo in cui mostra le scelte morali dei protagonisti ricordano quel tipo di racconto capace di mettere lo spettatore di fronte a domande scomode. Quanto si può sopportare prima di spezzarsi? E cosa succede quando la vittima diventa carnefice?
La violenza domestica non viene mostrata solo come un fatto privato, ma come una ferita sociale profonda. Eun-su e Hui-su rappresentano due donne diverse ma unite da un destino comune. Entrambe sono costrette a fare i conti con la propria coscienza e con una società che spesso chiude gli occhi. Ogni episodio aggiunge un tassello al mistero, fino a un finale che lascia il pubblico con un senso di inquietudine e riflessione. Non ci sono vincitori né soluzioni semplici, solo la consapevolezza che la sopravvivenza ha un prezzo e che il confine tra bene e male può essere più fragile di quanto sembri.
