Lo sentiamo ripetere spesso: in moltissime nazioni europee non si fanno figli come alcuni decenni fa. L’Italia ne è un esempio perfetto: ogni anno, si registra sempre il più basso tasso di nascite da quando queste rilevazioni vengono effettuate. Idem il Giappone, nazione non europea ma che condivide un problema identico con gran parte del ‘Vecchio Continente’.
Non è un paradosso che le nazioni più ricche, che in teoria garantiscono benessere alle generazioni future, sono quelle dove nascono meno bambini e, al contempo, che quelle più povere crescano da questo punto di vista? È una domanda complessa, a cui serve una risposta complessa, che proveremo a rendere comprensibile a tutti.
A fornirla, in inglese, è stato l’esperto di politiche sociali CediChronicles. La prima causa, a suo avviso, è anche la più triste da ammettere: in molte nazioni, esiste ancora un’alta percentuale di decessi infantili, ovvero bambini che non arrivano all’età adulta. Il record spetta all’Afghanistan, seguito da Somalia e Repubblica dell’Africa Centrale. Le cause? Mancanza di medicinali base e malnutrizione, dunque cause sulla carta facilmente risolvibili. Per ‘assicurarsi’ di avere degli eredi, le famiglie ‘insistono’ e fanno più figli. Cedi la definisce “una reazione molto cruda a una realtà molto cruda”.
Il paradosso delle nazioni più povere che fanno più figli
Il secondo motivo è strettamente legato al primo. In molte nazioni, i figli vivono con i genitori per tutta la vita. Diventano loro i ‘caregiver’ quando madri e padri sono malati o anziani. Nei paesi estremamente poveri non c’è uno stato sociale funzionante: le ‘pensioni’ e i sussidi per anziani e infermi sono quasi inesistenti. Ecco che i figli, meglio se numerosi, provvedono al sostentamento dei genitori quando questi non hanno più la forza di lavorare.
Il terzo motivo è l’istruzione femminile e la ‘pianificazione’ delle famiglie. Statistiche alla mano, le donne che hanno frequentato almeno la scuola primaria hanno dal 30 al 50% figli in meno rispetto a coloro che non l’hanno neppure frequentata.
Questa è la chiave: molte bambine dei paesi poveri non entrano mai in una scuola in vita loro. I motivi? Diversi. Culture patriarcali (in Afghanistan esistono davvero, non in Italia) che vedono l’istruzione come un rischio, ma anche un motivo totalmente diverso. Alcune culture vedono l’istruzione come un ‘investimento’ e per questo a scuola ci mandano solo i figli maschi, che possono imparare un mestiere più redditizio. “Collegalo al punto 2: i figli sono il piano pensionistico dei genitori: con un lavoro ben pagato, danno loro sostentamento in età anziana”, fa notare l’autore del video.
Ultime considerazioni: “Non possiamo ignorare neppure l’accesso limitato a metodi contraccettivi. Ed è sbagliato parlare di scelte della donna: se chiedessimo a loro, probabilmente direbbero di volere meno figli, non zero ma neppure sei o sette”.

L’esperto fa notare che la situazione dei paesi poveri del 2025 era simile a quella europea fino ai primi anni del 1900. Il primo calo pesantissimo delle nascite c’è stato in concomitanza delle due guerre, ma è proseguito inesorabile anche dopo gli Anni ’60, quando le riforme in tema di pensioni, sanità di base gratuita per tutti e istruzione obbligatoria per tutti hanno abbattuto la mortalità infantile e fatto sì che i figli non fossero più il “piano pensione” dei genitori.
