Quando apriamo il nostro armadio, difficilmente pensiamo all’impatto ambientale dei vestiti che indossiamo quotidianamente. Tuttavia, la moda è tra le industrie più inquinanti al mondo, e uno dei principali motivi è il consumo di acqua. Tra gli indumenti di uso comune, ce n'è uno in particolare che svetta in cima alla classifica per la quantità d’acqua necessaria alla sua produzione: i jeans.
Secondo i dati più recenti forniti dal colosso tecnologico Epson, produrre un singolo paio di jeans richiede oltre 18.000 litri d’acqua. Una cifra impressionante se si considera che equivale al consumo d’acqua potabile di una persona per circa 15 anni. La maggior parte di quest’acqua viene impiegata nelle prime fasi della produzione: dalla coltivazione del cotone (che da sola assorbe oltre 16.000 litri) alla creazione del tessuto. Dopo la coltivazione, altre fasi contribuiscono a questa enorme impronta idrica:
- Tintura del filato: 1.441 litri d’acqua
- Lavaggio del capo finito: 584 litri
- Taglio, cucitura e stampa: 110 litri
L’utilizzo intensivo di acqua non si limita solo alla produzione. Molti marchi impiegano lavaggi e trattamenti aggiuntivi per ottenere l’aspetto “vintage” o sbiadito dei jeans, contribuendo ulteriormente allo spreco.

Altri capi di abbigliamento e il loro consumo d’acqua
Sebbene i jeans siano tra gli indumenti più "assetati", non sono gli unici a consumare ingenti quantità d’acqua. Ecco altri capi che probabilmente hai nell’armadio e che richiedono litri e litri d’acqua per essere realizzati (le fonti dei dati esposti di seguito sono: Water Footprint Network (WFN), Ellen MacArthur Foundation e FAO (Food and Agriculture Organization))
1. T-shirt in cotone:
Una semplice maglietta in cotone richiede in media 2.700 litri d’acqua. Anche in questo caso, la coltivazione del cotone è il principale responsabile. Il cotone è una pianta che necessita di grandi quantità d’acqua e spesso viene coltivata in regioni soggette a siccità, aggravando la crisi idrica locale.
2. Camicie di lino:
Pur essendo considerato un tessuto ecologico, il lino necessita di circa 6.000 litri d’acqua per produrre una camicia. Tuttavia, rispetto al cotone, il lino ha un impatto idrico leggermente inferiore durante la coltivazione.
3. Abiti in poliestere:
Il poliestere, una fibra sintetica derivata dal petrolio, non richiede acqua per la coltivazione (poiché non è di origine vegetale), ma il processo industriale di produzione è altamente energivoro e inquinante. Per produrre una maglia in poliestere si impiegano circa 500 litri d’acqua, principalmente per i processi di raffreddamento e tintura.
4. Scarpe da ginnastica:
Anche le calzature non sono esenti da un impatto idrico considerevole. Un paio di scarpe da ginnastica richiede in media 4.000 litri d’acqua per essere prodotto, tra materiali sintetici, lavorazione della gomma e tintura.
5. Felpe e capispalla in cotone e poliestere:
Un capo come una felpa può richiedere fino a 2.500 litri d’acqua, a seconda dei materiali e dei trattamenti estetici applicati.
Moda e sostenibilità: cosa possiamo fare?
L'enorme consumo d’acqua dell’industria della moda ha spinto sempre più marchi e consumatori a riflettere su pratiche sostenibili. Ecco alcuni consigli utili per ridurre la nostra impronta idrica legata all’abbigliamento:
- Acquista meno e meglio: Opta per capi di qualità che durano nel tempo e riduci gli acquisti impulsivi.
- Preferisci materiali sostenibili: Tessuti come il cotone biologico, la canapa e il Tencel richiedono meno acqua nella produzione.
- Supporta marchi trasparenti: Alcune aziende stanno adottando processi produttivi che riducono drasticamente il consumo d’acqua, come tinture a secco e riutilizzo delle acque reflue.
- Lava i vestiti con meno frequenza: Spesso laviamo i capi più del necessario. Lavaggi meno frequenti, a basse temperature e senza prelavaggio, possono ridurre notevolmente il consumo d’acqua.
- Ripara e ricicla: Riparare un capo invece di sostituirlo e donare o riciclare gli abiti che non indossi più aiuta a ridurre la domanda di nuovi prodotti.
