Perché questi wafer si chiamano Neapolitaner? "C'entra Napoli, ma anche un'altra città campana"

Chi ama i dolci lo sa bene: esiste un tipo di wafer che si chiama “Neapolitaner”. Nessun errore di traduzione, nessuna finta italianità creata per fare marketing. Dietro quel nome c’è una storia vera, che collega la Baviera a Napoli passando per Vienna e… per una manciata di nocciole campane.

A raccontarlo è Marilù, content creator italiana che da anni vive in Germania. Su Instagram la trovate come @ladeutschevita: gioca con ironia sul mix tra Deutschland e Dolce Vita. In uno dei suoi video – realizzato in collaborazione con la pagina “Storie di Napoli” – ha risposto a una curiosità che tantissimi italiani all’estero si pongono da anni: ma perché questi dolci austriaci si chiamano Neapolitaner, come se arrivassero da Napoli? La risposta è sorprendente. E affonda le radici ad Avella, comune in provincia di Avellino.

L’origine dei wafer Neapolitaner: una storia lunga oltre un secolo

La storia dei Neapolitaner Waffeln comincia nel 1898, quando un giovane imprenditore viennese, Joseph Manner, decise di creare qualcosa di nuovo. All’epoca gestiva un piccolo ristorante a Vienna insieme al fratello, ma il suo sogno era un altro: inventare un dolce buono, accessibile a tutti e che potesse diventare il simbolo della pasticceria moderna. Ci riuscì. E anche alla grande.

Manner ideò un wafer croccante composto da cinque strati sottilissimi di cialda, alternati a quattro strati di una crema alla nocciola morbida e profumata. Ma non una nocciola qualsiasi: le nocciole arrivavano dalla zona di Napoli, più precisamente da Avella, piccolo comune dell’Irpinia noto fin dall’antichità per la qualità dei suoi frutti. L’idea piacque così tanto che in pochi anni l’attività di Joseph Manner esplose. Da piccolo laboratorio artigianale, l’azienda si trasformò in una vera e propria impresa con decine di dipendenti: nel 1913 divenne una AG, acronimo di “Aktiengesellschaft”, cioè società per azioni. Oggi Manner è ancora un marchio attivo, famoso in tutto il mondo, e quei wafer hanno fatto la storia della pasticceria industriale europea.

Perché si chiamano proprio Neapolitaner?

La risposta arriva direttamente dalla voce di Marilù: “Il nome Neapolitaner non è casuale. I wafer di Manner usavano le nocciole coltivate in Campania, ed è da lì che nasce il collegamento con Napoli”. Attenzione però, perché il riferimento a Napoli non va preso in senso troppo stretto. All’epoca, tutto il Sud Italia veniva spesso indicato genericamente con il nome della città partenopea, capitale culturale e commerciale del Regno delle Due Sicilie fino a pochi decenni prima. Era una semplificazione comune, soprattutto all’estero.

Marilù ha spiegato l'origine del termine 'Neapolitaner' in riferimento ai wafer.
Marilù ha spiegato l'origine del termine 'Neapolitaner' in riferimento ai wafer.

Ma il vero protagonista della storia è proprio Avella, un piccolo centro che oggi conta poco più di 7.000 abitanti, immerso tra colline verdi e distese di noccioli. La nocciola avellana – oggi riconosciuta come prodotto di altissima qualità – era già all’inizio del Novecento una delle varietà più pregiate sul mercato europeo.

Avella e le sue nocciole: la vera origine dei Neapolitaner

Non è un caso se proprio da Avella deriva il nome scientifico della pianta della nocciola: Corylus Avellana. Lo scelse Carl Nilsson Linnaeus, il celebre botanico svedese che ha inventato il sistema di classificazione scientifica che usiamo ancora oggi.

Un dettaglio curioso: in spagnolo e portoghese, la nocciola si chiama “avella”, proprio in onore del borgo campano. Un piccolo indizio linguistico che racconta un’eredità molto più grande di quanto si pensi. Nel 1900, le nocciole di Avella erano considerate tra le migliori d’Europa. Profumate, ricche di oli naturali, perfette per creare creme delicate ma corpose. Esattamente ciò che serviva a Joseph Manner per dare carattere e unicità ai suoi wafer.

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