Cosa significa parlare da soli secondo la psicologia: ecco quando preoccuparsi

Ecco cosa dice la psicologia dell'abitudine di parlare da soli: tutto quello che c'è da sapere secondo gli esperti.

Parlare da soli è un comportamento che, a prima vista, può sembrare bizzarro o persino preoccupante. Ma se ci fermiamo a osservare ciò che accade nel nostro cervello mentre dialoghiamo con noi stessi, scopriamo un mondo complesso, affascinante e nella maggior parte dei casi assolutamente normale. La psicologia contemporanea, infatti, ha ormai smesso da tempo di etichettare il self-talk come una stranezza. Anzi, molti esperti lo considerano un indicatore di intelligenza emotiva, capacità di autoriflessione e strategia di regolazione cognitiva.

Secondo gli psicologi Daniel Swigley e Gary Lupya, parlare da soli non è un comportamento infantile o irrazionale: al contrario, è una tecnica spontanea che il cervello utilizza per migliorare le sue prestazioni. Quando verbalizziamo un pensiero, lo organizziamo, lo rendiamo concreto, visibile. È come se lo "togliessimo" dalla mente per osservarlo da fuori. In questo modo, migliorano l’attenzione, la memoria di lavoro, la capacità di problem-solving. Non a caso, molti scienziati, artisti e grandi pensatori della storia hanno ammesso di farlo regolarmente.

Ma il self-talk non si limita a potenziare la mente. Ha anche un impatto decisivo sulla sfera emotiva. Parlare da soli permette di elaborare ciò che si prova, prendere le distanze da emozioni troppo intense, calmare l’ansia. Lo dimostra uno studio condotto su pazienti con ADHD: utilizzare il linguaggio come strumento per “guidare” le proprie azioni può migliorare l’autocontrollo e ridurre la reattività impulsiva. Il linguaggio, in fondo, è una forma di pensiero ad alta voce: usarlo consapevolmente, anche solo con sé stessi, è un atto terapeutico.

Psicologia
Cosa significa parlare da soli secondo la psicologia.

Quando il dialogo interiore diventa un segnale d’allarme

Naturalmente, come ogni strumento della mente, anche il self-talk ha le sue ombre. In alcune circostanze, può smettere di essere funzionale e diventare un campanello d’allarme. È il caso, ad esempio, di chi parla da solo in modo eccessivo, continuo, quasi compulsivo, spesso senza accorgersene. Questo comportamento potrebbe indicare un senso profondo di isolamento, un bisogno frustrato di contatto o una forma di ansia non espressa.

Un altro segnale da non sottovalutare è la comparsa di allucinazioni uditive, ovvero la percezione di voci esterne che rispondono o commentano. In questi casi, parlare da soli non è più un’attività cosciente e volontaria, ma il sintomo di un possibile disturbo psicotico, come la schizofrenia. Anche un tono eccessivamente negativo, autocritico, ossessivo nel self-talk può essere un segnale di un disagio emotivo più profondo, capace di erodere autostima e benessere mentale.

Parlare da soli è un comportamento più comune di quanto si pensi e, nella stragrande maggioranza dei casi, benefico. Non solo migliora le prestazioni cognitive, ma rafforza l’equilibrio emotivo e aiuta a prendere decisioni più consapevoli. L’importante è restare consapevoli del tono, della frequenza e del contenuto di questi monologhi. Perché se è vero che le parole hanno un potere immenso sugli altri, lo hanno ancor di più su noi stessi.

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