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Mamma, mamà, mom, maman, мама, māma, mamá… Ovunque tu vada nel mondo, la parola è sempre quella. Cambiano le inflessioni, cambiano gli accenti, ma la radice resta. Sembra magia, e invece ha una spiegazione scientifica che ha del sorprendente. Il linguista statunitense Human.1011, star di TikTok da oltre 2 milioni di follower, ha confermato l'impressione che molti appassionati di lingue avevano già: “Non è affatto una coincidenza”.
Dietro questa curiosa uniformità linguistica non si nasconde un'antica cospirazione globale, ma qualcosa di molto più umano: il modo in cui i neonati imparano a parlare. E la risposta, incredibilmente, era proprio lì: sulla punta della nostra lingua. Anzi, sulle labbra.
Un suono universale che nasce tra le labbra
Nella sostanza, non è difficile. Per capire perché la parola "mamma" è praticamente identica in tutte le lingue del mondo, basta osservare un neonato. O meglio: ascoltarlo. Quando un bimbo nasce, ha un repertorio fonetico limitatissimo. Non sa parlare, non sa articolare, ma una cosa la sa fare: emettere suoni con la bocca.

Il primo suono che riesce a produrre è la vocale A. Facile, diretta, basta aprire la bocca. Nessun movimento complicato della lingua. Subito dopo, o quasi in contemporanea, arriva un'altra regina del parlato: la consonante M. Come si produce? Chiudendo le labbra dopo aver aperto la bocca. Esattamente ciò che un neonato fa naturalmente durante l’allattamento. Hai presente il gesto? Apri (A), chiudi (M), ed ecco che, senza volerlo, il bimbo fa: “MA”.
Da “ma” a “mamma”: la madre di tutte le parole
È qui che accade il miracolo linguistico. Quel “MA” primordiale diventa, per i genitori, una chiamata. Una richiesta. Un segnale d’amore, fame, bisogno. Nessun neonato sa di star “chiamando la mamma”, ma l’adulto interpreta quel suono come tale. Ed ecco che quel suono viene associato alla figura materna.
La cultura fa il resto. Il neonato ripete quel suono. La madre risponde. Si crea un codice condiviso, che passa di generazione in generazione. Nasce così la parola “mamma” e i suoi innumerevoli fratelli linguistici: “mom” in inglese, “maman” in francese, “māma” in cinese, “mamãe” in portoghese, “mamá” in spagnolo, “мама” in russo. La lista è lunga, e sorprendentemente simile.
Il fenomeno non riguarda solo lingue imparentate tra loro. Anche idiomi che non si sono mai influenzati reciprocamente – dall’afrikaans al coreano – utilizzano la radice “ma” o “mam”. Questo ha fatto impazzire linguisti e antropologi per decenni. Ma oggi la spiegazione più solida è una sola: l'origine biologica del linguaggio.
“Il suono ‘ma’ è una delle prime cose che un neonato può dire”, spiega il linguista Roman Jakobson, che negli anni ’60 teorizzò proprio questa universalità fonetica. I bambini imparano prima i suoni più semplici da articolare, e tra questi la M-A è in pole position. E da lì il resto è... mamma.
Ci sono eccezioni? Certo. Ma sono rari casi da manuale
Ovviamente, qualche eccezione esiste. In finlandese la parola per madre è “äiti”, decisamente lontana dal suono MA. In swahili si usa “nina”, e in filippino “nanay”. Ma attenzione: anche queste parole presentano una vocale aperta come la A, e talvolta suoni nasali che ricordano la M.
In ungherese, invece, i bambini dicono “anyu”, eppure anche lì il passaggio infantile “mama” è comunque compreso e diffuso nei contesti affettivi. Queste lingue sono l'eccezione che conferma la regola, e confermano che – culturalmente – “mamma” resta un codice universale.
