In futuro avremo una copia dei nostri ricordi? La risposta del futurologo

Ray Kurzweil non è un nome qualsiasi. È l’oracolo della singolarità tecnologica, ingegnere ed esperto di Intelligenza Artificiale che da decenni anticipa – con sorprendente precisione – il destino dell’umanità digitale. E ora, con il suo nuovo libro La singolarità è più vicina (Deusto, 2025), torna a scuotere le nostre convinzioni più intime. Stavolta, l’oggetto del suo sguardo è il nostro cervello. O meglio, i nostri ricordi. Sì, perché secondo Kurzweil, tra non molto, potremmo copiarli, conservarli e forse... riviverli.

Dalla memoria alla megamemoria: i nanorobot entrano in scena

Entro i primi anni del 2040 (dunque manca davvero poco), prevede Kurzweil, la nanotecnologia farà il suo ingresso nella mente umana. Nanorobot intelligenti – grandi quanto una frazione di globulo rosso – saranno in grado di accedere al nostro cervello, leggere e digitalizzare le informazioni che costituiscono i nostri ricordi e la nostra personalità.

Entità digitali basate su queste copie mentali saranno in grado di superare un test di Turing personale e convincere amici e familiari della loro identità”, scrive Kurzweil. Non si tratterà più di semplici avatar o cloni vocali, ma di versioni digitali iperrealistiche di noi stessi. E qui la domanda non è tanto se sarà possibile. La vera questione, più filosofica che tecnologica, è: saremo pronti?

Simulazioni umane o nuove reincarnazioni?

Kurzweil, da sempre fautore della convergenza tra intelligenza artificiale, biotecnologie e realtà virtuale, va oltre la copia della mente. Immagina corpi sintetici capaci di ospitare queste “coscienze digitali”. Già prima del 2040, prevede, potremo creare replicanti non solo virtuali ma anche fisici, grazie ai progressi della ingegneria molecolare. Ma la parte più clamorosa viene adesso.

Secondo questa visione, perfino la morte potrebbe diventare una parentesi superabile. Non parliamo di immortalità nel senso che il nostro corpo diventerà immune a malattie e decadimento (almeno non è questo ciò di cui si occupa il futurologo), ma di una nuova forma di preservazione dell’identità basata sull’informazione. Se i tuoi ricordi, il tuo stile di pensiero, le tue reazioni, le tue emozioni possono essere codificati e trasferiti... allora chi sei tu? Un corpo o un pattern di dati? Domande complesse a cui, presto o tardi, saremo chiamati a rispondere. La tecnologia corre velocissima, la medicina fa progressi e l'allungamento della vita media nei paesi sviluppati è già realtà.

Dal MIT alle nostre menti: non è solo fantascienza

Kurzweil non è un profeta solitario. Accanto a lui, studiosi come Nicholas Negroponte, fondatore del MIT Media Lab, parlano da anni di interfacce cervello-macchina interne, capaci di modificare radicalmente l’apprendimento umano.

La differenza? Negroponte procede con cautela, teorizzando possibilità. Kurzweil, invece, fissa scadenze. E finora, molte delle sue previsioni si sono avverate: dalla vittoria del computer a scacchi sull’uomo alla diffusione degli assistenti vocali. Per lui, l’upload della mente non è una trovata da film, ma una road map concreta.

Avere una copia 'fisica' dei ricordi non è fantascienza: entro il 2040 ci riusciremo sicuramente.
Avere una copia 'fisica' dei ricordi non è fantascienza: entro il 2040 ci riusciremo sicuramente.

Forse, come in un episodio perfetto di Black Mirror ('San Junipero' parla di questo ed è probabilmente nella top 3 dei più belli, non accettiamo discussioni), la risposta non sta in ciò che possiamo fare. Ma in ciò che sceglieremo di fare quando tutto questo sarà possibile. Per ora non si prospetta l'immortalità del corpo, ma della mente e dell'identità probabilmente sì. Ed è solo l'inizio.

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