Cosa vuol dire usare sempre (e non usare mai) le emoji su WhatsApp, secondo una ricerca psicologica

Disclaimer: Questo articolo ha uno scopo informativo e divulgativo. Non rappresenta una diagnosi né sostituisce il consulto di uno psicologo o di un professionista della salute mentale. Le informazioni qui riportate derivano da stralci ricerche scientifiche note, dunque sono informazioni certificate ma al contempo adattate per il grande pubblico in ottica di psicologia popolare.

Nel mare infinito di messaggi su WhatsApp, un’emoji può valere più di mille parole. Un cuoricino, una faccina sorridente o un pollice in su non sono solo decorazioni digitali: sono segnali psicologici. L’uso – o il rifiuto – delle emoji racconta qualcosa di profondo su chi siamo, come viviamo le relazioni e come ci esprimiamo emotivamente. E la psicologia ha molto da dire a riguardo.

Emoji come specchio emotivo: cosa significa usarle

Le emoji compensano la mancanza di segnali non verbali come il tono della voce o le espressioni facciali, offrendo un aiuto prezioso nella comunicazione digitale. Un semplice 😊 può dissolvere il rischio di un messaggio frainteso. E non è solo una sensazione: secondo uno studio del Kinsey Institute, le persone con intelligenza emotiva più sviluppata e uno stile di attaccamento sicuro usano le emoji con maggiore frequenza, soprattutto nelle conversazioni con il partner.

Non è un caso se il nostro cervello, leggendo un’emoji, si attiva come se stesse vedendo un’espressione reale. Le ricerche di Churches et al. (PLOS ONE, 2014) mostrano che le emoji stimolano le aree cerebrali legate sia al linguaggio (circonvoluzione frontale inferiore sinistra) sia alla comunicazione non verbale (parte destra). Una doppia attivazione che le rende veri e propri ponteggi emotivi.

Inoltre, da un'analisi approfondita è emerso che le donne utilizzano le emoji più degli uomini, in particolare nelle chat con amici e familiari. Una differenza che si riflette anche nella motivazione d’uso: rafforzare legami, generare empatia e smorzare tensioni. L’uomo, in media, preferisce una comunicazione più asciutta, meno emotivamente carica.

Quando le emoji spariscono: la psicologia del silenzio digitale

Chi evita sistematicamente le emoji non è semplicemente minimalista. A volte, dietro quell’apparente sobrietà si nasconde qualcosa di più profondo. Ancora il Kinsey Institute rivela che chi presenta stili di attaccamento ansioso o evitante tende a non usare emoji, mantenendo un tono formale o neutro nelle chat. Una scelta che riflette il bisogno di distanza o il disagio nel mostrare emozioni apertamente.

Usare o non usare le emoji denota un'importante differenza in quanto a personalità negli individui,
Usare o non usare le emoji denota un'importante differenza in quanto a personalità negli individui,

In ambito lavorativo, invece, l’assenza di emoji diventa quasi una regola implicita. Mostrarsi troppo “colorati” nei messaggi può far perdere credibilità, soprattutto se rivolti a superiori o clienti. Ma attenzione: senza emoji, il rischio di fraintendimenti aumenta, soprattutto in messaggi con ironia o ambiguità. Il cervello, in assenza di contesto visivo o prosodia, fatica a interpretare correttamente il tono.

Personalità e differenze di genere: emoji tra stile e sostanza

Le donne, si diceva, usano più emoji. Ma perché? Non solo per abitudine: per molte, l’emoji è uno strumento per costruire relazioni empatiche. Uomini e donne ricevono messaggi sociali diversi su come devono esprimere le emozioni – e questo si riflette anche nelle chat.

Anche il tratto di personalità gioca un ruolo decisivo. Chi tende all’introversione spesso preferisce messaggi secchi, privi di emoji. Al contrario, chi ha maggiori competenze sociali e si adatta bene ai contesti tende a usarle con equilibrio: non troppe, non sempre, ma al momento giusto. Proprio come si fa con una battuta ben piazzata o un gesto gentile nella vita reale.

Emoji e cultura: quando il contesto cambia tutto

Usare emoji non è un atto universale, ma profondamente culturale. In alcuni Paesi, come il Giappone, le emoji sono parte integrante del linguaggio quotidiano, anche in contesti semi-formali. Non a caso, le emoji sono nate in Giappone e negli anni a venire 'adottate' dal resto del mondo. In altri, come la Germania, l’uso è più sobrio e selettivo.

Secondo un’analisi dell’Emoji Marketing Report 2022 condotta da Adobe, le emoji nei social media aumentano del 48% l’engagement se usate in modo strategico. Ma attenzione: un uso eccessivo o fuori luogo può danneggiare l’immagine di un brand. Vale anche per le chat personali: emoji troppo frequenti o incoerenti con il contesto possono essere percepite come forzate o, peggio, poco autentiche.

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