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Chi ha cambiato per sempre il colore del tennis? Non è stato un atleta né un inventore. È stato un narratore: Sir David Attenborough. Il leggendario divulgatore britannico, noto per dare voce e volto ai documentari sulla natura, ha avuto un ruolo decisivo anche su un campo molto diverso: quello da tennis.
Quando il tennis era in bianco e nero (letteralmente)
Prima degli anni ’70, le palline da tennis non erano gialle. Erano bianche. O nere, a seconda del colore del campo. Una scelta logica per chi giocava dal vivo, ma pessima per chi guardava le partite in TV. All’epoca la televisione a colori era ancora un miraggio per molti, e il contrasto delle palline sugli schermi peggiorava l'esperienza visiva. Nel Regno Unito, la svolta arrivò nel 1967. La BBC decise di lanciare ufficialmente le trasmissioni a colori. Chi era alla guida di BBC2? Proprio lui, David Attenborough. Non un burocrate qualsiasi, ma un visionario con un debole per le sfide impossibili.
Attenborough scelse Wimbledon come simbolo del cambiamento. “Ha tutto quello che serve: dramma, tensione, patriottismo”, spiegò anni dopo in un’intervista al Radio Times. L’idea era semplice: se vuoi mostrare quanto è bella la televisione a colori, falla vedere in uno degli eventi più seguiti del Paese. Peccato che le palline bianche continuassero a confondersi con il prato e con gli abiti dei giocatori. Le immagini erano spettacolari, ma la visibilità delle palline lasciava a desiderare. Serviva un colore che saltasse letteralmente fuori dallo schermo.
Nasce la pallina “optic yellow”
Fu così che nacque una delle rivoluzioni più sottovalutate della storia dello sport: la pallina da tennis gialla. O meglio, “optic yellow”, il colore ufficiale riconosciuto nel 1972 dall’International Tennis Federation (ITF). Attenborough segnalò il problema e propose una soluzione. Non fu l’unico a spingere in quella direzione, ma il suo ruolo fu determinante. L’ITF, dopo diverse ricerche, stabilì che il giallo fluorescente era il colore più visibile sugli schermi televisivi a colori. Un’innovazione tanto semplice quanto geniale.

Ci volle tempo perché tutti si adeguassero. Anche Wimbledon, pur essendo stato il simbolo della TV a colori, restò affezionato alle palline bianche fino al 1986. Poi anche il tempio del tennis abbracciò la svolta gialla. E da lì non si è più tornati indietro.
Attenborough, tra oceani e palline da tennis
Di recente Attenborough ha compiuto 99 anni, e continua a cambiare il mondo a colpi di idee brillanti. Ha scelto di festeggiare il suo ultimo compleanno con un altro progetto ambizioso: il documentario “Ocean”, un film che definisce come il più importante della sua carriera. Prodotto da Keith Scholey, Toby Nowlan e Colin Butfield, il film racconta la bellezza e la fragilità degli ecosistemi marini. Dalle barriere coralline alle foreste di kelp, fino alla denuncia feroce della pesca a strascico, “Ocean” è un grido d’allarme e una promessa di speranza.
“Dopo quasi 100 anni sul pianeta, capisco che il luogo più importante non è la terraferma, ma il mare”, dice Sir David. E lo fa con una lucidità che mette i brividi. Le sue parole suonano come un testamento ecologista per le generazioni future. Il documentario “Ocean” ha debuttato a Londra davanti al Re d’Inghilterra e nelle scorse ore anche in Italia con una première esclusiva a Genova. Un evento che unisce giovani, studiosi e ambientalisti, tutti chiamati a raccogliere il testimone di chi, come Attenborough, ha fatto della consapevolezza la sua eredità più grande.
Sir David ha iniziato la sua avventura con la natura nel 1957, con un’immersione nella Grande Barriera Corallina. “Rimasi senza fiato, letteralmente”, racconta. Oggi, dopo decenni di declino degli ecosistemi marini, il suo messaggio è ancora più urgente: “Siamo quasi fuori tempo massimo”. Ma la speranza non è perduta. Attenborough ricorda il ritorno delle balene dopo il bando alla caccia commerciale del 1986. “Pensavo che fosse finita. E invece... si sono riprese. E sono tornate”.
