Cosa vuol dire se dimentichi spesso di rispondere ai messaggi, secondo la scienza

“Scusa, me ne sono dimenticato”. La frase più gettonata nei messaggi mai visualizzati, o forse visualizzati da chi ha disattivato le spunte blu. Ma tranquillo/a: non sei maleducato, non sei cattivo, e no, non sei l’unico. Dimenticare di rispondere a WhatsApp, Telegram, su Instagram o email non è solo un problema di tempo o memoria: la scienza dice che c’è molto di più sotto la notifica non letta. Neuropsicologia, dinamiche sociali, ansia e perfino autostima: tutti fattori che possono trasformare un semplice messaggio in una miccia emotiva. Ecco cosa succede davvero quando il tuo cervello ti fa ghostare per sbaglio.

Il cervello multitasking... ma non troppo

ADHD e overload cognitivo sono i primi imputati. Secondo la psicologa Ravi Gill, chi convive con il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività ha una vera difficoltà neurologica nel gestire le comunicazioni digitali. Il cervello riceve lo stimolo, ma poi lo perde nei meandri di altre mille notifiche. Risultato? Il messaggio rimane lì, dimenticato, anche se avevi giurato che avresti risposto tra “due minuti”.

Colpa anche del sovraccarico dopaminico: troppe notifiche, troppi stimoli, troppe richieste. Il sistema di ricompensa si esaurisce e il cervello – per difendersi – entra in modalità “modalità aereo mentale”. Rispondere diventa stressante, quindi il subconscio dice: “No, grazie”.

Gerarchie, aspettative e quel messaggio lasciato in sospeso

Non tutti i messaggi sono uguali. Secondo uno studio riportato da PsicologoBS, se il messaggio arriva da un capo, un prof o una figura “più alta” nella scala sociale, il nostro cervello attiva il senso del dovere. Risultato? Sale l’ansia da prestazione e a volte, proprio per non sbagliare, finiamo per non rispondere affatto. Al contrario, tra amici o partner c’è più comprensione. O almeno, dovrebbe esserci. Perché quando il messaggio resta lì per giorni, il fraintendimento è dietro l’angolo. E tu, magari, volevi solo scrivere la risposta perfetta…

Il ghosting (involontario) e il perfezionismo che paralizza

La psicoterapeuta Charlotte Bailey lo chiama “loop del messaggio perfetto”: vuoi rispondere bene, anzi benissimo. Ci pensi, ripensi, riformuli. E intanto passano ore, giorni, settimane. A quel punto, rispondere sembra ancora più imbarazzante. E procrastini. E infine dici addio alla conversazione. Il dottor Saverio Cecioni spiega invece che chi ha problemi di autostima o paura del rifiuto può usare il silenzio digitale come difesa. Si chiama ghosting, e spesso non è cattiveria: è un tentativo (disfunzionale) di proteggersi da una possibile delusione. Il problema è che, dall’altra parte dello schermo, il silenzio fa rumore.

Il ghosting non è sempre maleducazione: a volte è paura del rifiuto e senso di inadeguatezza.
Il ghosting non è sempre maleducazione: a volte è paura del rifiuto e senso di inadeguatezza.

Chi ha uno stile di attaccamento evitante preferisce tenere le distanze emotive. E anche rispondere a un messaggio può sembrare troppo intimo, troppo “impegnativo”. Il cervello costruisce una barriera e i messaggi diventano simbolo di uno spazio personale da difendere. Ne parla ancora Ravi Gill, sottolineando come anche le comunicazioni digitali possano scatenare meccanismi psicologici profondi.

Cosa fare se sei allergico alle notifiche? Parla, organizza, riduci

La scienza offre anche strategie concrete. E no, non servono app da mille dollari o corsi di crescita personale con il guru di turno.

  • Compartmentalizzazione: ritaglia momenti specifici della giornata per gestire i messaggi. Aiuta a non viverli come un assillo costante.
  • Comunicazione trasparente: dire alle persone che fai fatica a rispondere subito non è debolezza, è intelligenza sociale. Uno studio del 2023 mostra che questa strategia riduce del 40% lo stress relazionale.
  • App intelligenti: alcune piattaforme filtrano i messaggi per priorità. Ideale per chi ha l’ADHD o è facilmente distratto.
  • Desensibilizzazione graduale: è una tecnica usata nella terapia cognitivo-comportamentale. Esporsi poco alla volta alle notifiche riduce l’ansia da messaggio.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato che il 68% degli adulti under 35 sperimenta almeno una volta a settimana ansia legata alla gestione dei messaggi. La comunicazione digitale, invece di semplificare la vita, è diventata un campo minato emotivo. Capire le cause profonde di queste dimenticanze ci aiuta a non colpevolizzarci. E magari anche a perdonare chi ci ha lasciati in “visualizzato” per troppo tempo. Perché forse, in fondo, non era cattiveria. Era solo il cervello che diceva: “Aspetta un attimo, che è troppo tutto”.

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