Cosa vuol dire se non ti importa uscire con gli abiti sgualciti, secondo la psicologia

Premessa fondamentale: questo articolo non è un trattato di psicologia né sostituisce in alcun modo la diagnosi o il parere di un professionista della salute mentale. Si tratta di una raccolta di citazioni di studi affidabili e verificati su un tema di psicologia pop, per comprendere meglio certi comportamenti quotidiani.

La camicia è stropicciata, i jeans spiegazzati e il maglione sembra aver fatto la guerra contro un ferro da stiro... e l’ha persa. Ma cosa ci dice la psicologia di chi esce di casa così, apparentemente indifferente a ogni piega fuori posto? No, non è solo “pigrizia” o “fretta mattutina”. Uscire con abiti sgualciti può raccontare molto più di quanto immagini. Tra identità personale, stato d’animo e perfino tratti della personalità, la scelta (o la non-scelta) del proprio outfit quotidiano diventa una finestra sulla psiche.

Quando la moda parla di umore: l’abbigliamento riflette l’anima

Secondo uno studio della University of Hertfordshire, condotto dalla professoressa Karen Pine, molte persone scelgono i vestiti in base al loro stato emotivo. In particolare, le donne che si sentono giù tendono a preferire jeans larghi e abiti trasandati, mentre quando sono felici scelgono capi più curati e colorati. La Pine lo spiega così: “Quando siamo depressi, perdiamo interesse per il nostro aspetto. Scegliamo abiti che ci fanno scomparire, che ci rendono invisibili.” Un outfit trascurato, quindi, può diventare una bandiera silenziosa del nostro umore, un modo per dire “non ho energia, né voglia di apparire”.

Nel 2012, Adam & Galinsky hanno pubblicato uno studio innovativo sul concetto di “enclothed cognition”. Cosa significa? Che ciò che indossiamo non influisce solo su come gli altri ci vedono, ma anche su come noi stessi pensiamo, ci comportiamo, ci percepiamo. Ad esempio, indossare un camice da medico aumenta la concentrazione e la precisione nei compiti cognitivi. Il contrario vale per abiti disordinati: possono rafforzare la percezione (interna) di disinteresse, stanchezza, persino apatia. Non è solo questione di stile, ma di identità psicologica.

La scelta degli abiti è fondamentale per 'comunicare' senza parlare, secondo la psicologia.
La scelta degli abiti è fondamentale per 'comunicare' senza parlare, secondo la psicologia.

Chi sceglie abiti sgualciti può voler comunicare che non si sente allineato alle aspettative sociali, o magari desidera solo conforto in un periodo di stress. Il messaggio è chiaro: “oggi non ho voglia di compiacere nessuno”.

Disordine o autenticità? Cosa dice la personalità

Secondo la teoria dei Big Five, i tratti fondamentali della personalità comprendono coscienziosità, estroversione, apertura mentale, gradevolezza e stabilità emotiva. E proprio la coscienziosità è in prima linea quando si parla di vestiti stirati.

Chi ottiene punteggi alti in coscienziosità tende a essere ordinato, metodico, attento ai dettagli. Abiti curati, pieghe perfette, tutto in regola. Al contrario, chi ha un punteggio più basso potrebbe optare spesso per look disordinati, non per negligenza ma perché altre priorità (o tratti di personalità) prevalgono. E in certi casi, c’è anche una forma di ribellione estetica alle regole imposte.

Non solo caos: anche questa è espressione di sé

Lo stile personale, sgualcito o impeccabile, dice chi siamo, o almeno chi vogliamo sembrare. Alcuni usano l’abbigliamento come scudo, altri come specchio. Indossare abiti spiegazzati può significare molte cose: mancanza di tempo, poca importanza data al giudizio altrui, desiderio di sentirsi liberi da schemi rigidi.

Come spiega la psicologa clinica Jennifer Baumgartner, autrice di You Are What You Wear, i nostri vestiti sono prolungamenti del nostro mondo interno. Ogni scelta (anche quella di non scegliere) parla del nostro vissuto, delle nostre sicurezze o delle nostre vulnerabilità. Ecco perché, prima di etichettare qualcuno come “sciatto” o “disordinato”, è utile chiedersi: cosa vuole comunicare, in realtà?

Vestirsi con abiti sgualciti non è necessariamente sinonimo di disorganizzazione. Per alcuni è solo una questione di praticità, o di priorità. C’è chi preferisce dormire 20 minuti in più invece che stirare. Chi vive ritmi frenetici. Chi non possiede neppure un ferro da stiro. Oppure, chi non ha mai sentito il bisogno di compiacere la moda o gli occhi altrui.

Ma occhio: se questa scelta diventa sistematica e si accompagna ad altri segnali di disinteresse per sé (alimentazione disordinata, difficoltà nel sonno, calo dell’umore), potrebbe essere utile parlarne con uno specialista.

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