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Keegan Hasegawa è un content creator metà statunitense e metà giapponese che pubblica video in inglese per un pubblico globale. Uno dei suoi contenuti più virali racconta una storia profondamente radicata nella tradizione giapponese: quella di un artigiano che ha “dato una mano” – in tutti i sensi – all’arte antica della tintura all’indaco.
Le ha 'sacrificate' non nel senso che le ha perse, ma le ha letteralmente trasformate. Shimomura-san, uno degli ultimi Indigo Dyers tradizionali del Giappone, lavora da anni con una mistura viva, tanto potente quanto impietosa. Il risultato? Dita permanentemente colorate di blu scuro, unghie danneggiate e pelle consumata. Tutto per amore di una tradizione rara e preziosa: l’Aizome.
L’arte blu dell’indaco: quando il colore ti entra sotto pelle
L’Aizome è molto più di una tecnica: è un rituale. In Giappone, questa forma di tintura naturale si pratica da secoli utilizzando la Persicaria tinctoria, conosciuta anche come “Ai”. La pianta viene fermentata fino a creare una pasta capace di tingere tessuti naturali con un blu profondo e vibrante, simbolo nazionale e culturale.
Nella regione montuosa di Mima, l’indaco non è solo un colore. È storia, identità e orgoglio locale. Gli artigiani tramandano di generazione in generazione i segreti della tintura, conservando tecniche come lo Shibori – una sorta di “tie dye” giapponese – che permette di creare motivi geometrici e astratti sui tessuti.
Ma è proprio la mistura che fa la magia. E qui entra in gioco la parte viva: la pasta d’indaco fermentato contiene microrganismi che devono essere nutriti quotidianamente. "Li tratto come figli", confessa Shimomura-san. "Se non li nutro, muoiono. E se loro muoiono, la tintura muore".
La pelle del mestiere: mani blu e orgoglio artigiano
Shimomura-san non usa guanti. Chi visita il suo laboratorio deve indossarli obbligatoriamente. Ma lui no. "A mani nude sento meglio il tessuto", dice con un sorriso velato di blu. Il prezzo? Le sue mani raccontano tutto: unghie rovinate, pelle consumata, dita segnate dal colore e dal tempo. La mistura, pur essendo sicura, contiene alcaloidi che, a lungo andare, erodono le proteine della pelle e corrodono le unghie. Il blu non è solo estetico: è una cicatrice d’amore per l’artigianato. Un segno permanente di dedizione.
Chi sceglie questa strada, lo fa per vocazione. Perché, come dice Keegan nel video diventato virale su YouTube, "non si tratta solo di tingere tessuti, ma di colorare il tempo con la storia".

Indaco da sfilata: denim, foulard e arte da indossare
I prodotti realizzati da questi maestri del colore non sono semplici capi d’abbigliamento. Sono opere d’arte da indossare. Dai foulard ai kimono, fino ai famosissimi jeans giapponesi – considerati tra i migliori al mondo per qualità e lavorazione – ogni pezzo tinto con Aizome ha un’anima.
Il mercato internazionale li cerca, li brama, li colleziona. I denim giapponesi sono diventati un culto tra gli appassionati, per la resistenza, l’estetica e quella tonalità di blu che nessun prodotto industriale riesce a imitare. Ogni sfumatura racconta una storia, ogni piega un frammento di cultura.
Non è raro che gli Indigo Dyers aprano le porte dei loro atelier ai curiosi: si organizzano workshop, sessioni di tintura, esperienze immersive dove puoi creare il tuo pezzo personalizzato da portare a casa. Ed è qui che l’artigianato si fonde con il turismo esperienziale. Un’eccellenza giapponese che seduce anche gli stranieri.
Una professione che resiste… ma per quanto ancora?
Il mestiere dell’indigo dyer è tra i più antichi e affascinanti (nel video, viene detto che è nata nel VII secolo d.C.), ma anche tra i più a rischio. Gli artigiani che seguono la tecnica tradizionale sono sempre meno, e la produzione industriale rischia di spegnere il blu intenso di questa arte millenaria. Shimomura-san, però, non molla. Continua a lavorare ogni giorno nel suo laboratorio, a nutrire la mistura viva, a sporcarsi le mani – letteralmente – per tramandare l’Aizome. E grazie a content creator come Keegan Hasegawa, il mondo sta finalmente riscoprendo la bellezza, la rarità e il valore di un mestiere che colora l’anima, prima ancora del tessuto.
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