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Premessa doverosa: Questo articolo non è un trattato di psicologia né intende sostituire il parere di un professionista della salute mentale. Si tratta di una raccolta accurata e verificata di informazioni basate su ricerche scientifiche affidabili e pubblicazioni accademiche, con l’obiettivo di offrire uno sguardo divulgativo ma fondato su ciò che la psicologia contemporanea ci dice riguardo agli effetti della musica e del cinema malinconico sul benessere emotivo.
Quando il morale finisce sotto i tacchi, c’è chi corre a vedere una commedia scacciapensieri o in generale contenuti multimediali allegri e chi, invece, sceglie volontariamente di tuffarsi in un mare di tristezza cinematografica o musicale. Una scelta controintuitiva, verrebbe da dire. Eppure, guardare film tristi o ascoltare canzoni malinconiche potrebbe essere una vera e propria carezza per l’anima ferita. A dirlo non è solo il buon senso, ma anche numerose ricerche scientifiche che mostrano come questa abitudine possa avere effetti positivi a livello psicologico, relazionale e persino neurobiologico.
Film tristi e canzoni malinconiche: quando la tristezza fa bene
Non sempre tristezza fa rima con negatività. Secondo quanto emerso da un'indagine condotta dall’Università di Durham, molte persone scelgono musica malinconica proprio perché li fa sentire capiti, ascoltati, meno soli. È l’effetto specchio delle emozioni: quella canzone triste sembra parlare esattamente di ciò che proviamo, come se ci dicesse “non sei l’unico”. Lo stesso vale per i film drammatici. Le storie struggenti, le scene commoventi, le colonne sonore lente e malinconiche non servono a peggiorare lo stato d’animo, ma a innescare un processo di empatia emotiva. Ci aiutano ad accettare le emozioni, a dargli un nome e, in molti casi, ad alleggerire il peso sul cuore.
Dietro quella lacrima che scivola durante una scena intensa o una nota straziante c’è molto di più di semplice commozione. Guardare film tristi o ascoltare musica struggente stimola un meccanismo ben noto nella psicologia: la catarsi. Questo termine, che viene dal greco antico, indica una “purificazione” attraverso l’emozione.

In pratica, affrontare la tristezza in modo consapevole – senza reprimerla o ignorarla – ci permette di trasformarla. Il cervello elabora l’esperienza, ci spinge all’introspezione, a rivedere episodi del passato e a farci i conti con più lucidità. Spesso, a questa esperienza si accompagna una nostalgia dolceamara, che sorprendentemente migliora il nostro stato d’animo. La tristezza, insomma, può diventare uno strumento di benessere, se affrontata nel modo giusto.
Il pianto fa bene: lo conferma la scienza
Non è un luogo comune: piangere e sfogarsi può davvero far bene. Lo ha dimostrato uno studio condotto dall’Università di Tilburg, nei Paesi Bassi. I ricercatori hanno sottoposto un gruppo di persone alla visione di un film profondamente triste, monitorandone le reazioni emotive e fisiologiche.
Chi ha pianto durante la visione, dopo una prima fase di abbattimento, ha mostrato un miglioramento dell’umore che è durato fino a 90 minuti dopo. Al contrario, chi ha trattenuto le lacrime ha riferito una sensazione di peggioramento. Le lacrime emotive, quindi, non sono solo un segnale di dolore: aiutano a liberarsi, a “svuotare” l’anima e a rilassarsi, grazie anche alla riduzione del cortisolo, l’ormone dello stress.
La visione condivisa di film tristi produce effetti sorprendenti anche a livello biologico. Secondo una ricerca dell’Università di Oxford, guardare storie toccanti in compagnia stimola il rilascio di endorfine, le molecole del benessere.
Lo studio ha messo a confronto due gruppi: uno ha guardato un documentario neutro, l’altro un film drammatico. Il secondo gruppo ha registrato un aumento del 13,1% nella tolleranza al dolore, rispetto a un calo del 4,6% nel gruppo di controllo. Ma non solo: condividere l’esperienza ha aumentato la coesione sociale, creando un senso di vicinanza e comprensione reciproca tra i partecipanti.
Rivalutare l’esperienza: il potere della musica triste
Quando scegliamo consapevolmente una canzone triste, spesso non lo facciamo per amplificare il nostro dolore, ma per trovare conforto. La musica malinconica aiuta a rielaborare l’esperienza negativa, trasformando il vissuto in qualcosa di narrabile e comprensibile.
Questo processo prende il nome di rivalutazione cognitiva: riscrivere mentalmente l’evento, darle un nuovo significato, cambiare la prospettiva emotiva. È un meccanismo utile non solo a breve termine, ma anche come strategia per gestire eventi difficili nella vita quotidiana.
